La scorsa settimana, Intesa Sanpaolo ha emesso un nuovo bond perpetuo per l’importo di 1,25 miliardi di euro. Gli ordini sono stati altissimi, pari già a 2 miliardi nella sola prima ora di apertura dei book. Alla fine, sono arrivati a 4,7 miliardi. Grazie all’elevata domanda la cedola è stata limata dello 0,50% rispetto alle previsioni iniziali. Ciò non ha impedito che fosse fissata a livelli “maxi”: 9,125%.

Premio abbondante sul BTp

L’emissione è stata lanciata contestualmente al riacquisto di un altro Additional Tier 1 (AT1) da 750 milioni con cedola 6,25% e rimborsabile a partire dal 16 maggio del 2024.

Si è trattato, dunque, di un’operazione volta alla gestione proattiva degli strumenti finanziari. In particolare, il bond perpetuo riacquistato era stato reso inefficiente da una decisione regolamentare europea del 2019. Essa aveva imposto la rimozione di tali strumenti dal computo di capitale e del MREL a partire dal 28 giugno 2025.

Il nuovo bond perpetuo pagherà, quindi, una cedola annuale lorda del 9,125% corrisposta su base semestrale. A partire dal 7 settembre 2029 e fino al 7 marzo 2030 l’emittente potrà effettuare il rimborso del capitale. Nel caso in cui non avvenisse, la cedola sarebbe ricalcolata e passerebbe da fissa a variabile. Al netto dell’imposizione fiscale, l’obbligazionista ha la certezza che incasserà fino ai prossimi sei anni il 6,75%. Un BTp a 6 anni oggi offrirebbe all’incirca il 3,35% netto. Il premio riconosciuto viaggia, quindi, in area 3,40%. A quale prezzo?

Caso Credit Suisse monito

In effetti, il bond perpetuo presenta un profilo di rischio estremamente più elevato di un titolo di stato. Esso non ha formalmente alcuna scadenza. Significa che potrebbe non essere rimborsato mai. Anche per questo la cedola offerta è sempre più alta di quella corrisposta dallo stesso emittente per un bond ordinario. D’altra parte, esiste il rischio opposto dell’esercizio della call. Ciò impedirebbe all’obbligazionista di ricevere le cedole per gli anni futuri.

Verosimilmente, si ritroverebbe ad investire il capitale rimborsato a tassi inferiori sul mercato.

In genere, le banche trovano conveniente esercitare la call alla prima data di reset fissata. In questo modo, possono continuare a godere della fiducia degli investitori, i quali puntano ad evitare brutti scherzi. Ma l’azzeramento delle obbligazioni AT1 da parte di Credit Suisse per 17 miliardi di franchi svizzeri nel marzo scorso ha posto l’accento sui rischi. Il bond perpetuo è un “ibrido” sul piano regolamentare tra capitale e debito. In effetti, questo strumento nacque all’indomani della crisi finanziaria mondiale del 2008-’09 per migliorare la condizione patrimoniale delle banche europee.

Bond perpetuo a rischio conversione in azioni

Il bond perpetuo AT1 può essere convertito in capitale nel momento in cui gli indici patrimoniali dell’emittente scendessero sotto i livelli indicati nel prospetto informativo. L’obbligazionista diverrebbe improvvisamente azionista della banca, cioè passerebbe dalla condizione di creditore a quella di socio. Smetterebbe di incassare le cedole e possibilmente avrebbe in mano un pugno di mosche. Va da sé, in effetti, che una banca costretta a una simile azione sia finanziariamente decotta e le sue azioni non varrebbero più nulla. Anche questo spiega le alte cedole fissate in fase di emissione. Stiamo parlando di titoli così rischiosi, che da anni in Italia il loro collocamento è precluso al canale retail e rivolto esclusivamente agli investitori istituzionali.

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