San Miguel Corporation sta emettendo in queste ore obbligazioni perpetue in dollari con cedola iniziale del 5,50% e per un controvalore di 500 milioni. La società alimentare filippina risulta la più grande del settore nel sud-est asiatico, impiegando 24.000 dipendenti in un centinaio di stabilimenti. Ha chiuso il 2019 con ricavi per 12,825 miliardi di pesos locali, pari a 218 milioni di euro al cambio attuale. Nel primo trimestre di quest’anno, però, ha accusato il colpo del Covid-19 e ha esitato una perdita di 1,27 miliardi di pesos, anche se la situazione finanziaria del colosso rimane positiva, considerando che il rapporto tra debiti e capitale si attesti a 0,85.

Obbligazioni perpetue, investimenti per coraggiosi a metà tra bond e azioni

I proventi dell’emissione saranno utilizzati per estinguere debiti e per finanziare progetti infrastrutturali. L’operazione rientra in un programma di emissioni a medio termine da 3 miliardi di dollari e che consente alla società di collocare debito sul mercato in più tranche. Le obbligazioni saranno negoziabili al Singapore Exchange Securities Trading Ltd. Si stanno occupando dell’emissione BofA e Standard Chartered come joint lead managers, mentre DB Trustees, Deutsche Bank e Hong Kong Branch opereranno da “paying agent”.

Parliamo, quindi, di un bond senza scadenza, per cui l’obbligazionista non riavrà indietro il suo capitale, potendo confidare su un flusso di redditi relativamente elevato e teoricamente per sempre. Ha senso puntare su questo titolo? Facendo un calcolo, otteniamo che in 30 anni il suddetto bond ci offrirà un flusso cedolare pari al 165% del capitale investito. Se la stessa somma la impiegassimo per acquistare oggi un BTp a 30 anni, il cui rendimento lordo si attesta al 2%, alla scadenza otterremmo tra capitale e cedole fino ad allora godute intorno al 160% dell’investimento.

C’è l’ipotesi del rimborso del capitale

Certo, non stiamo tenendo conto del rischio di cambio, con il dollaro che potrebbe deprezzarsi nel corso dei prossimi anni e le cedole in esso denominate varrebbero di meno, una volta convertite in euro.

Ma nel lungo periodo, il saliscendi del cambio euro-dollaro compenserebbe perdite con guadagni. In realtà, nessuno ci vieta di rivendere il bond sul mercato secondario, tornando in possesso del capitale investito, in tutto o in parte, a seconda dei prezzi. Per ipotesi, immaginiamo di rivendere tra 10 anni il titolo a 80 centesimi. Rispetto ai 1.000 dollari investiti, ne recupereremmo solo 800, ma in cambio avremmo incassato cedole per 550 dollari, per cui il saldo del nostro investimento rimarrebbe positivo di 350 dollari lordi, chiaramente senza considerare l’effetto cambio.

Potrebbe accadere, per contro, che le obbligazioni prezzino sopra la pari, per cui a un certo punto le rivenderemmo realizzando pure una plusvalenza. E se l’emittente dovesse riuscire in futuro a rifinanziarsi a costi nettamente più bassi, prenderebbe in considerazione di estinguere il bond perpetuo con una nuova emissione meno costosa, risparmiando sugli interessi. A quel punto, avremmo goduto di cedole generose per un investimento che si sarebbe rivelato a scadenza, contrariamente alle premesse iniziali.

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