I rendimenti sovrani indiani sono saliti ai massimi dal mese di aprile dello scorso anno. Il bond a 10 anni offriva venerdì scorso il 6,23%, in rialzo di una trentina di punti base da inizio 2021. La scadenza a 2 anni si attestava al 4,81%, segnando circa +90 punti base nello stesso periodo. Ma il governo di Nuova Delhi confida che alcuni tra i principali indici internazionali inseriscano le obbligazioni indiane da qui a settembre, mese in cui è prevista la prossima revisione. Parliamo di JP Morgan e Bloomberg Barclays.

Il primo aveva rifiutato nei mesi scorsi di inserire i bond sovrani del sub-continente asiatico nel suo indice, lamentando controlli sui capitali e problemi di operatività per gli investitori. Il governo adesso ritiene che le divergenze residue possano essere affrontate e risolte da qui ai prossimi mesi.

Per l’India sarebbe un passo estremamente importante per cercare di ridurre il costo del debito di nuova emissione. Quest’anno, il paese dovrebbe collocare sul mercato titoli di stato per un controvalore di oltre 165 miliardi di dollari, principalmente al fine di varare misure di lotta alla pandemia e ai suoi effetti sull’economia.

Tuttavia, l’eventuale inserimento negli indici internazionali avverrebbe a partire da settembre, cioè in pieno prossimo anno fiscale e verrebbe completato nell’arco di non meno di un anno. A regime, l’India calcola che il peso che verrebbe assegnato ai suoi bond sarebbe di circa il 10%. Parliamo di una percentuale altissima per un singolo mercato, quasi doppia di quella cinese a regime nell’FTSE Russell. Del resto, quello sovrano indiano risulta tra i più grossi al mondo con un controvalore di oltre 800 miliardi.

Il mercato dei bond indiani si apre alla finanza straniera, ecco le novità

I benefici dell’apertura alla finanza straniera

Perché sarebbe importante? L’inclusione negli indici internazionali consentirebbe automaticamente agli investitori stranieri di puntare sui bond indiani senza inserirli direttamente in portafoglio.

Molti sono fondi dalla gestione passiva (ETF), tipicamente interessati a un orizzonte temporale di lungo periodo. L’accresciuta domanda offrirebbe al governo la possibilità di indebitarsi a costi inferiori. Per contro, Nuova Delhi teme che gli afflussi di capitali esteri aumenti la volatilità del suo mercato sovrano. Molti fondi vi entrerebbero attratti dagli alti rendimenti, ma ne uscirebbero alla prima occasione utile. E’ quello che in gergo si definisce “hot money”.

Ad oggi, l’India limita fortemente l’accesso degli investitori stranieri, sebbene negli ultimi tempi abbia creato una sorta di mercato parallelo aperto illimitatamente ai capitali provenienti dall’estero. Trattasi del “Fully Accessible Route” (FAR), del quale al gennaio scorso facevano parte bond dal controvalore di 145 miliardi di dollari e con scadenze tra 5 e 30 anni. In effetti, FAR consente già oggi all’India di beneficiare degli investimenti esteri, pur per il solo segmento sul quale il governo consente l’accesso senza restrizioni.

In definitiva, un nuovo mercato si starebbe aprendo sotto i nostri occhi con enormi potenzialità di crescita. Al netto del rischio di cambio, infatti, i livelli di rendimento appaiono molto appetibili e l’economia indiana è risultata in questi ultimi anni di rallentamento cinese la prima per capacità di crescita. Da non sottovalutare neanche la diversa condizione geopolitica in cui versa l’India rispetto alla Cina. Alleata dell’Occidente, approfitterebbe eventualmente del “reshoring” e beneficerebbe di migliori relazioni diplomatiche con le cancellerie di Europa e USA. La maggiore abbondanza dei capitali, infine, ridurrebbe la volatilità dei titoli e stabilizzerebbe anche il tasso di cambio.

Per sfuggire ai rendimenti negativi dei bond dovremmo andare in India

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