L’Unione Europea si accinge a diventare il più grande emittente al mondo di green bond, grazie a collocamenti sul mercato attesi per quasi 250 miliardi di euro entro pochi anni. Ma la realtà si è portata ancora più avanti: adesso, in circolazione crescono i bond blu. Anzi, da qualche tempo s’inizia a parlare di “blue economy” per porre l’attenzione a uno specifico segmento dell’ambiente: il mare.

Così come i green bond sono obbligazioni, i cui capitali raccolti servono a ridurre l’inquinamento e a difendere l’ambiente, i bond blu hanno come finalità la difesa delle acque del mare e degli oceani.

La prima emissione risale al 2018, quando le Isole Seychelles emisero 15 milioni di dollari, assistiti per 5 milioni dalla Banca Mondiale e per altrettanti da un prestito del Global Environment Facility. Tutto nacque quando due anni prima, il Nature Consultancy acquistò debito dell’arcipelago africano con uno sconto a favore dell’emittente, dietro l’impegno di questi di raggiungere obiettivi di natura ambientale investendovi gli interessi risparmiati. Oggigiorno, tali obiettivi risultano essere stati raggiunti.

Bond blu sovrani e corporate

In questi giorni, si torna a parlare di bond blu dopo che il Belize sta cercando di ristrutturare il suo debito da 552,9 milioni di dollari, emettendo un altro con un “haircut” del 45%. L’indebitamento si ridurrebbe così del 9% del PIL. Si tratta della quarta ristrutturazione sovrana dal 2000. Il paese crede che sia una buona strategia per ingolosire il mercato e risparmiare sugli interessi. Otterrà lo stesso successo delle Seychelles?

In questi mesi, anche Seaspan Corp, società marittima che gestisce una flotta di 132 navi e una cinquantina in costruzione, si è affacciata sul mercato dei bond blu con emissioni per complessivi 1 miliardo di dollari. A luglio, ne ha emesso uno da 750 milioni con scadenza 1 agosto 2029 e cedola 5,5% (ISIN: USY75638AF67). Ieri, il titolo sul secondario quotava a 102,90, offrendo un rendimento sotto il 5%.

Piuttosto basso per una società con rating “junk” (BB- per S&P, BB per Fitch), ovvero dall’alto rischio di credito teorico. Con il ricavato netto delle emissioni, Seaspan intende tra l’altro rifornirsi di nuovi motori per operare possibilmente con combustili meno inquinanti.

I bond blu saranno verosimilmente molto ricercati sul mercato man mano che aumenteranno le loro emissioni e la liquidità degli scambi. Il successo riguarda oramai tutto il segmento ESG. Ma bisogna prestare attenzione a non cadere nel tranello di chi punta semplicemente a sfruttare la credulità degli investitori per indebitarsi a costi contenuti e senza neppure contribuire fattivamente a tagliare l’inquinamento. A tale riguardo, si vedano i risultati di una ricerca realizzata da Nicola Borzi per Il Fatto Quotidiano circa la reale situazione delle società quotate alla Borsa Italiana e che si sono fatte spacciare per ESG, cioè sensibili alle tematiche ambientali e sociali. Similmente ai green bond, anche i blu bond presentano un rischio non indifferente di “bluewashing”.

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