Sarà uno tra Sergio Massa e Javier Milei il prossimo presidente dell’Argentina. Lo decideranno gli elettori al ballottaggio del 19 novembre prossimo. Domenica scorsa, si è tenuto il primo turno e le sorprese non sono mancate. Il candidato del governo peronista e attuale ministro dell’Economia è arrivato primo con il 36% dei consensi. I sondaggi lo davano a rischio esclusione dal ballottaggio. Ha staccato di quasi sei punti il candidato dell’ultra-destra e favorito secondo tutti i sondaggi della vigilia. Terza è arrivata Patricia Bullrich del centro-destra, che si è fermata sotto il 24%.

Alla riapertura dei mercati, ieri i bond dell’Argentina hanno registrato un brutto tonfo. Giù anche il tasso di cambio contro il dollaro sul mercato nero, tornato a quota 1.000 pesos.

E’ stato un mezzo choc elettorale. Massa porta con sé la responsabilità di un’economia al collasso, tra inflazione al 138%, cambio in caduta libera, povertà dilagante e PIL in recessione. Eppure è stato in grado di risalire la china dopo la batosta delle primarie di agosto. In teoria, i suoi due principali avversari di domenica scorsa, maggiormente affini per elettorato, avrebbero i voti a sufficienza per fare arrivare Milei a Casa Rosada. Ma in politica, si sa, le somme con la penna o la calcolatrice non sempre corrispondono ai dati reali.

Milei radicale, Massa punta su sussidi peronisti

I bond dell’Argentina sono scivolati di prezzo sulla prospettiva proprio che Massa riesca a spuntarla tra meno di un mese. Sarebbe un restare invischiato nella peggiore politica di governo che Buenos Aires abbia conosciuto dal ritorno alla democrazia. Il centro-sinistra sta avendo, però, l’abilità di mobilitare l’elettorato più povero con l’elargizione di numerosi sussidi. Che poi la povertà sia conseguenza del suo malgoverno, poco importa. Milei propugna il taglio dei sussidi, della spesa pubblica in generale, la dollarizzazione dell’economia e l’eliminazione della banca centrale.

Le sue vedute radicali potrebbero avere spaventato una parte della popolazione, specie la più anziana. Molti temono di perdere i benefici elargiti loro dallo stato e di doversi trovare un lavoro per vivere. Un’altra paura riguarda il rimpiazzo promesso dei pesos con il dollaro americano. Misura molto dibattuta negli ultimi mesi. Adesso, Milei avrà convenienza a ribadire tale posizione, anche al fine di accelerare il collasso del cambio fino al ballottaggio e cavalcare le paure e la rabbia degli argentini contro il governo.

Bond Argentina giù su possibile vittoria Massa

I bond dell’Argentina in euro con scadenza 9 luglio 2029 e cedola 0,5% (ISIN: XS2200244072) sono crollati ieri di oltre l’8% a 23,40 centesimi. I titoli in scadenza nello stesso giorno del 2046, stavolta denominati in dollari (ISIN: US040114HW38), hanno registrato un calo del 2,80% a 24,64 centesimi. Altre scadenze hanno riportato variazioni negative minime. Qual è il punto? L’eventuale vittoria di Massa porrebbe fine alle speranze di una svolta in politica fiscale e monetaria. Servirebbero sostanziosi tagli alla spesa e minori stamperie monetarie per rimettere in carreggiata l’economia argentina, unitamente a un minore interventismo statale distorsivo dei mercati dei beni e dei capitali. I peronisti sono la negazione di tutto ciò.

Ricordiamo che l’Argentina è sull’orlo del suo decimo default a distanza di tre anni dal nono. Deve restituire 44 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale, ma dispone di scarse riserve valutarie allo scopo e, soprattutto, non si attiene alle riforme macroeconomiche richieste per ottenere una dilazione dei pagamenti. E’ tagliata fuori dai mercati internazionali, per cui non può emettere debito in valuta pesante, se non rivolto agli investitori domestici e sotto la legge nazionale. Per le agenzie di rating, i bond dell’Argentina sono profondamente “spazzatura”. Insomma, solo un ribaltamento delle sorti elettorali a novembre accenderebbe perlomeno la speranza di una svolta.

Senza troppe illusioni.

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