Il Premio Nobel per la Pace è stato assegnato quest’anno a Maria Corina Machado, una scelta che avrà deluso le aspettative del presidente Donald Trump, ma che può considerarsi di livello per ciò che questa donna rappresenta. Attivista per i diritti umani, ha 58 anni appena compiuti in data 7 ottobre, che ormai rievoca tristi ricordi. Dal 2012 è uno dei principali oppositori politici al regime sanguinario e disastroso da ogni punto di vista nel Venezuela di Nicolas Maduro. Ha mandato all’estero i figli per metterli al sicuro dalle rappresaglie, così da potersi battere per la libertà e la democrazia a Caracas senza temere per i suoi cari.
Machado oppositrice del regime comunista
Machado è un Nobel scomodo per noi occidentali, perché ci costringe a guardare là dove abbiamo finto in tutti questi anni che non fosse accaduto niente. Lo scorso anno, l’Europarlamento ha votato una mozione contro il regime di Maduro e solo a seguito dello spostamento a destra avvenuto con le elezioni di giugno. Si è parlato di “maggioranza Venezuela”, come se la condanna dei crimini della dittatura comunista fosse una questione di partito e non riguardasse tutti i rappresentanti dell’Unione Europea.
Chavez dittatore sanguinario e incompetente
Raramente si è visto nella storia recente un regime così dispotico, arrogante, criminale e incompetente come quello che si è insediato a Caracas da oltre una dozzina di anni. E dire che è arrivato dopo la scomparsa di Hugo Chavez, che si era distinto a sua volta per cattiva gestione dell’economia e metodi anti-democratici nell’esercizio del potere. In questi anni, sotto Maduro abbiamo visto di tutto: dalla beffa di svariate elezioni rubate all’incarcerazione degli oppositori politici, alla loro persecuzione e al massacro nelle piazze di studenti e manifestanti.
A sfidare la sua presidenza un anno fa fu Edmundo Gonzalez Urrutia, alleato di Machado e che le opposizioni hanno dimostrato, dati alla mano, che abbia vinto con il 70% dei consensi. Ha dovuto firmare un documento in cui riconosce la vittoria del presidente in carica per sfuggire al carcere. Ora si trova in Spagna, di fatto come rifugiato politico. Maduro non è soltanto un dittatore senza scrupoli dall’aspetto apparentemente bonaccione e quasi da uomo alla mano. E’, soprattutto, un totale incompetente nella gestione dell’economia.
Collasso economico senza petrolio
Se in questi anni avete sentito parlare di “scaffali vuoti” e “iperinflazione“, con ogni probabilità si parlava proprio del suo Venezuela. A causa di una politica fanatica e ideologicamente ostile alla proprietà privata e alla libera impresa, la produzione interna è collassata. Fino a Chavez i soldi entravano grazie al petrolio. Dopo la sua morte le quotazioni internazionali sono crollate e con essa anche le estrazioni di PDVSA, la compagnia petrolifera statale. Dagli oltre 2,5 milioni di barili al giorno nel 2015 si è scesi fino a un minimo di nemmeno 400.000 barili con la pandemia, risalendo agli 1,1 milioni attuali.
Il crollo delle estrazioni si deve a un mix di fattori. In primis, ai sotto-investimenti per trivellare nuovi pozzi e sfruttare meglio quelli esistenti. Tutte le entrate petrolifere sotto il “chavismo” sono finite nelle casse dello stato, che le ha usate per fare assistenzialismo e creare consenso. Il numero dei dipendenti della compagnia è triplicato senza alcun aumento della produzione. Il risultato è che PDVSA non dispone più da anni di mezzi per investire e neppure per stringere alleanze con partner stranieri, anche a causa dell’embargo imposto dagli Stati Uniti e sospeso dall’autunno del 2023 fino a pochi mesi fa. E dal novembre del 2017 è scattato il default sovrano tuttora senza soluzione.
Economia al collasso e prezzi esplosi
Meno dollari incassati hanno equivalso all’impossibilità di importare beni e servizi dall’estero. Un grosso problema per un’economia che non produce praticamente nulla per le ragioni sopra accennate. La carenza di prodotti ha provocato nel decennio scorso l’iperinflazione. Pensate che solamente nel decennio tra l’autunno del 2014 e il 2024 i prezzi al consumo sono aumentati di 41,47 miliardi di volte. Un tasso annuale medio del 1.050%. La valuta locale, chiamata bolivar, ha perso così tanto valore che il regime tra il 2008 e il 2021 ha eliminato dalle banconote ben 14 zeri.
Di fatto, data l’impossibilità di accedere ai dollari, milioni di venezuelani sono stati costretti a portarsi dietro valigie piene di bolivares anche solo per pagare un caffè. Parliamo di quelli rimasti. Dal 2014 hanno lasciato il Venezuela in 8 milioni, quasi un quarto della popolazione pre-Maduro. Molte donne attraversano il confine con la Colombia per farsi tagliare le ciocche di capelli, vendute poi per fare le parrucche. La fame è tanta e non può essere altrimenti in un Paese dove il Pil è crollato di oltre il 69% tra il 2013 e l’anno scorso.
Inflazione torna a correre
La banca centrale ha rimarcato di recente che l’economia registra una crescita ininterrotta da 17 semestri. Peccato che stia semplicemente risalendo dagli abissi. E l’inflazione è tornata a lievitare ben sopra il 100%.
Nell’aprile scorso era già al 172% annuale. Su base mensile era salita al 18,4%, corrispondente a un dato annualizzato del 659%. Il fatto che non aggiorni da mesi le statistiche non è un buon segnale. Di solito questo è accaduto quando bisognava mascherare il boom dei prezzi.
Il cambio di mercato ci aiuta a capire meglio. Il bolivar perde quest’anno oltre il 72%, salendo a 193 bolivares per 1 dollaro dai 52,6 dell’1 gennaio. Una spirale che si auto-alimenta e che non lascia presagire nulla di buono. Anche perché i rapporti con l’amministrazione Trump sono pessimi, per usare un eufemismo. Washington sta facendo pattugliare le acque a nord del Venezuela per bloccare il traffico di droga, che accusa sia gestito direttamente da Caracas. Il regime di Maduro è considerato a tutti gli effetti un “narco-stato”, capeggiato dall’ex vice-presidente Tarek al-Aissami.
Nobel a Machado accende riflettori sul Venezuela di Maduro
Il Nobel a Machado non può cambiare la realtà dei fatti, ma aiuterà ad accendere i riflettori su un Paese abbandonato dal mondo libero e che divide l’opinione pubblica per via della solidarietà che parte di essa esprime alle dittature marxiste, indipendentemente dai risultati conseguiti. Maduro sarebbe vicinissimo alla sconfitta, sostiene la sua più nota oppositrice. Sarà, ma lo si dice da anni senza che ciò si traduca in fatti concreti. Il dittatore ha chiesto all’ONU una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza per un presunto imminente attacco americano contro il Venezuela. Vero o meno, il premio sta già accentuando lo spirito paranoico di un regime a caccia continua di “traditori”, complotti e nemici interni e stranieri.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

