Quando si avvicina la fine dell’anno, gli investitori cercano di ottimizzare i portafogli ai fini fiscali. In linea generale, le imposte da versare sulle plusvalenze realizzate sui redditi diversi di natura finanziaria sono compensabili con le minusvalenze accusate nell’esercizio presente e nei quattro precedenti. Dunque, entro il 31 dicembre 2025 sono compensabili le minusvalenze registrate al 31 dicembre 2021 e anni successivi. Bisogna fare attenzione, tuttavia, ai bond che si vogliono sfruttare in tal senso. Gli zero coupon si prestano male ad operazioni del genere, a causa della farraginosa legislazione italiana in materia.
Esempio con trentennale emesso in lire
In questo articolo, vi forniremo un esempio del trattamento fiscale sui bond zero coupon.
Avrete modo di capire nel dettaglio quando le plusvalenze possono essere compensabili con le minusvalenze pregresse e quando no. L’obbligazione oggetto della nostra analisi è quella emessa nel febbraio 1998 (ISIN: IT0001205589) da Mediocredito Lombardo, istituto successivamente assorbito nel Gruppo Intesa Sanpaolo. Senza cedola, il prezzo di emissione fu di appena il 17,37% rispetto al valore nominale di rimborso in data 18 febbraio 2028.
Trattamento fiscale sui generis per zero coupon
Saprete come funziona un bond zero coupon. Non stacca alcuna cedola, mentre il rendimento deriva esclusivamente dalla differenza tra prezzo di rimborso/acquisto e prezzo di emissione/acquisto. Per quanto detto, questo titolo trentennale offrì un rendimento iniziale del 6%. Quando mancano circa 2 anni e 3 mesi alla scadenza, la sua quotazione di mercato sfiora i 94 centesimi. A questi valori, rende intorno al 2,30%. E questo è un dato fondamentale per capire se le plusvalenze siano compensabili o meno con minusvalenze pregresse.
Infatti, quando si ha a che fare con uno zero coupon il trattamento fiscale diventa peculiare.
Il legislatore introduce la nozione di “prezzo teorico”. Esso è quello che il bond dovrebbe avere se offrisse un rendimento in linea con quello iniziale. Nel nostro caso, il 6% lo continuerebbe ad offrire se il prezzo fosse oggi di 87,37 centesimi. Invece, il prezzo di mercato è più alto di 6,60 punti (93,97). Su questa differenza, considerata “redditi da capitale”, l’obbligazionista deve versare il 26% non compensabile con minusvalenze pregresse.
Minusvalenze compensabili e non
L’intera plusvalenza è stata finora, invece, pari a 76,60. Detraendo la suddetta differenza di 6,60 (prezzo teorico – prezzo di mercato), otteniamo esattamente 70. Su di essa l’aliquota del 26% può essere compensata con minusvalenze pregresse. Da questi calcoli, in apparenza astrusi (e lo sono), emerge che un bond zero coupon con rendimento decisamente in calo rispetto all’emissione risulta scarsamente idoneo a prestarsi ad operazioni di ottimizzazione fiscale. E se il prezzo teorico fossero risultato inferiore al prezzo di mercato? Si sarebbero generate minusvalenze non compensabili. Solo i “redditi diversi” in Italia generano elementi compensabili sul piano fiscale. Si vociferava di una riforma volta a superare tali distinzioni, ad oggi rimasta lettera morta.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

