I dati sull’inflazione nel mese di luglio negli Stati Uniti sono andati anche questa volta un po’ meglio delle attese. L’indice dei prezzi al consumo presso la prima economia mondiale è salito del 2,7% annuale, stesso incremento di giugno. Su base mensile ha rallentato allo 0,2% dallo 0,3%. L’indice “core”, al netto di energia e generi alimentari, risulta salito del 3,1%, in accelerazione dal 2,9% di giugno e ai massimi dal febbraio scorso. Anche il dato mensile accelera allo 0,3% dallo 0,2%. Nel complesso, tuttavia, il mercato si aspetta adesso ben tre tagli ai tassi di interesse entro l’anno da parte della Federal Reserve.
Scommesse del mercato riviste
Stando alla principale società di contratti derivati CME Group, a dicembre il costo del denaro è atteso al 3,75% dal 4,50% attuale. Un calo di ben 75 punti base o 0,75%. E per settembre la discesa dello 0,25% è scontata con certezza quasi totale. Per l’amministrazione Trump sarebbe un grosso successo. Dal suo insediamento reclama tagli ai tassi per cercare di sostenere l’economia americana e abbassare la spesa per interessi. Il governatore Jerome Powell, oggetto anche di insulti del presidente, non ha finora ceduto per timore che l’inflazione risalga la testa tra dazi e dollaro debole.
Salari orari in rialzo, allarme inflazione resta
Gli accordi commerciali stretti con quasi tutte le principali economie mondiali, fatta eccezione per il momento per la Cina, stanno diradando molte incertezze dei mesi passati. D’altra parte, il cambio americano resta di quasi il 10% più basso dei livelli di inizio anno nella media contro le altre principali valute. C’è da tenere conto anche di un mercato del lavoro ancora robusto, tanto che i salari orari a luglio sono saliti del 3,9%, accelerando dal 3,9% annuo di giugno.
E su base mensile hanno segnato +0,33% da +0,25%.
Il massimo per il presidente Donald Trump sarebbe ottenere i tagli ai tassi senza intromettersi, ad esempio attraverso il neo-nominato governatore Stephan Miran, suo attuale capo consigliere sull’economia. Se l’inflazione restasse confinata ai livelli attuali, la FED disporrebbe di margini per intervenire. Gli economisti prevedono, però, che l’inflazione risalirà nella seconda parte dell’anno. I maggiori dazi sulle importazioni saranno prima o poi scaricati sui consumatori alzando i prezzi. Ancora è avvenuto molto parzialmente, anche grazie al fatto che le imprese importatrici avevano accumulato scorte nei mesi passati e al contempo hanno limato gli utili.
Tagli ai tassi possibili anche nell’Eurozona
Tagli ai tassi FED più bassi sarebbero una buona notizia anche per l’Eurozona. La stessa Banca Centrale Europea riuscirebbe a tagliare ancora qualche altra volta i suoi senza dover temere conseguenze negative per il cambio dell’euro. Questi si è impennato nel primo pomeriggio di ieri contro il dollaro subito dopo la lettura dell’inflazione americana. E’ salito fino in area 1,1635. Sempre ieri il mercato scontava un nono taglio entro l’anno con una probabilità attorno al 50%. I tassi sui depositi bancari da noi sono rimasti fermi al 2% a luglio, stesso dato dell’inflazione media nell’unione monetaria.
giuseppe.timpone@investireoggi.it