Una vera e propria guerra sui numeri è quella che si sta materializzando in questi giorni tra governo e sindacati in materia previdenziale.
Il tema del dibattito è la pensione di vecchiaia a 64 anni di età.
L’estensione a tutti della possibilità — oggi riservata solo ai contributivi puri — di accedere alla pensione già a 64 anni darebbe infatti un colpo significativo ai pensionamenti anticipati con requisiti contributivi simili a quelli della pensione di vecchiaia.
Tuttavia, l’impatto di una misura di questo genere sui conti pubblici resta una spada di Damocle per il governo, che in materia pensionistica è obbligato a contenere i costi.
Ma come funzionerebbe realmente il sistema se, dal 2026, l’età per la pensione di vecchiaia passasse da 67 a 64 anni?
La pensione scende da 67 a 64 anni nel 2026: ecco perché i nati dal 1962 potrebbero festeggiare
Oggi, possono andare in pensione a 64 anni solo coloro che hanno maturato almeno 20 anni di contributi, tutti successivi al 1° gennaio 1995, e che abbiano raggiunto una pensione pari ad almeno 3 volte l’importo dell’assegno sociale.
Per le donne con figli, la soglia si riduce:
- 2,8 volte l’assegno sociale con un solo figlio;
- 2,6 volte con due o più figli.
Chi non riesce a raggiungere questo requisito di importo può utilizzare quanto maturato nella previdenza complementare.
Questa possibilità rappresenta una delle novità del 2025, frutto della linea tracciata dal legislatore verso la fusione tra pensioni obbligatorie e integrative, che probabilmente caratterizzerà anche la futura riforma delle pensioni.
In questo caso, però, il requisito minimo di contribuzione salirebbe a 25 anni.
Tre anni di anticipo per tutti? Forse no: ecco la verità
Il meccanismo della pensione a 64 anni e la prospettiva che anche la vecchiaia possa scendere a questa soglia, allontanandosi dai 67 anni, non è un semplice progetto o ipotesi.
Si tratta, di fatto, dell’estensione della pensione anticipata contributiva — descritta nel paragrafo precedente — anche a chi oggi non ne ha diritto.
Chi ha iniziato a lavorare e versare contributi prima del 1996 è infatti oggi escluso dalla pensione a 64 anni e deve attendere i 67 anni per uscire dal lavoro.
Con l’apertura di questa nuova finestra anche a questi soggetti, dal 2026 tutti potrebbero avere un canale aggiuntivo per accedere alla pensione, a condizione di:
- raggiungere 3 volte l’assegno sociale come soglia minima di pensione (o sfruttare le riduzioni previste per le madri lavoratrici);
- aver maturato almeno 25 anni di contributi;
- poter utilizzare la rendita da fondi pensione integrativi.
I fortunati del 2026: ecco perché lo saranno
Per i nati dal 1962, il 2026 potrebbe rappresentare l’anno della svolta.
L’idea che la pensione scenda da 67 a 64 anni parte proprio da questa considerazione.
Esempio:
Un lavoratore nato nel 1961 e con primo versamento nel 1995 oggi non può uscire a 64 anni.
Se la nuova misura venisse approvata, nel 2026 potrebbe farlo, ma avrebbe comunque 65 anni.
Per i nati nel 1962, invece, la situazione cambierebbe radicalmente: se la novità trovasse posto nella Legge di Bilancio, questi lavoratori potrebbero andare in pensione tre anni prima del previsto, beneficiando così di un anticipo reale rispetto all’attuale soglia dei 67 anni.