Discorso inaspettatamente lungo quello tenuto dal leader nordcoreano Kim Jong-Un alla 14-esima Assemblea Suprema del Popolo nel fine settimana scorso. E dalle sue parole è trasparsa la volontà di riaprire il dialogo con gli Stati Uniti, avendo egli un “buon ricordo” del presidente Donald Trump. Ma ad una condizione: la “denuclearizzazione” non può essere oggetto di trattativa tra le parti. Il dittatore ha accusato USA e Corea del Sud di avere fatto fallire i negoziati del 2018-2019 proprio per la pretesa che Pyongyang rinunciasse al nucleare in cambio di un allentamento o cancellazione delle sanzioni internazionali.
Denuclearizzazione non sul tavolo delle trattative
“Abbiamo visto cosa fate a coloro che rinunciano al nucleare”, ha dichiarato.
Riferimento esplicito a Libia e Iran. Un’apertura che adesso dovrà essere valutata con attenzione dal tycoon, che incontrò Kim Jong-Un per tre volte durante il suo primo mandato a Singapore, Vietnam e al confine con la Corea del Sud. Proprio la richiesta di denuclearizzazione avanzata con insistenza da Washington come “conditio sine qua non” per trattare fu giudicata inaccettabile dal regime comunista.
Il discorso di Kim Jong-Un è stato tenuto a distanza di poche settimane dalla sua visita in Cina, dove ha stretto i legami commerciali. E l’evento ha fatto tirare un sospiro di sollievo al cambio. Il won ha guadagnato il 40% contro il dollaro in un paio di settimane. E’ quanto emerge dalle rilevazioni clandestine effettuate per conto del quotidiano di opposizione all’estero Daily NK. Resta il fatto che nell’ultimo anno risulta collassato del 48% e in due anni di ben il 73%.
Per lungo tempo si aggirava a un cambio di oltre 8.000 won contro il dollaro, mentre al 15 settembre scorso era salito a 31.000 dopo avere toccato un apice 43.400 a fine agosto.
Boom dell’inflazione, esportazioni quasi nulle
Non si vede ancora un qualche miglioramento per i prezzi del riso, che sono continuati a salire di oltre il 7% in un paio di settimane, mentre segnano un boom del 308% su base annuale. In pratica, sono quadruplicati in appena dodici mesi. Cosa rivelerebbero questi dati? Da premettere che capire la situazione macroeconomica della Corea del Nord è un esercizio complicato, data la totale chiusura al resto del mondo. Possiamo fare supposizioni. L’economia, già poverissima, ha subito un collasso con la pandemia. Il regime si vide costretto a blindare le frontiere, soprattutto con la Cina, per arginare il rischio di contagio.
Il “lockdown” ha avuto un effetto devastante sui commerci. Esportazioni e importazioni si sono quasi azzerate. Con il ritorno alla normalità dallo scorso anno, gli interscambi si sono ripresi. Tuttavia, gli acquisti dall’estero sono stati per 2,34 miliardi, mentre le vendite verso l’estero per appena 360 milioni. Il saldo profondamente negativo – considerate che il Pil viaggerebbe intorno ai 25 miliardi di dollari – ha portato al deprezzamento del cambio. Complice i bassi raccolti agricoli interni, i prezzi dei generi alimentari sono esplosi.
Ripresa economica con guerra russo-ucraina
Paradossale che possa sembrare, l’economia sta vivendo una fase di forte ripresa. Il Pil sarebbe cresciuto del 3,7% nel 2024 dopo il +3,1% del 2023 e ai massimi dal 2016, quando salì del 3,9%. A trainarlo sono state le commesse militari russe. Pyongyang rifornisce Mosca di munizioni e armi da utilizzare nei combattimenti contro l’Ucraina.
Un’occasione unica non solo per risollevare le sorti dell’economia, ma anche per rinsaldare i rapporti con l’alleato e mettere la Corea del Nord al centro dei giochi geopolitici in Asia.
Kim Jong-Un non vuole barattare la denuclearizzazione con l’allentamento delle sanzioni. Non se lo può permettere. Teme che il suo regime finisca nel mirino di Seul e degli USA subito dopo. In realtà, non si fida neppure di Pechino, che mal sopporta spesso le intemperanze verbali e i lanci di missili dello stato eremita. Trump sogna di essere il primo presidente americano a mettere piede sul suolo nordcoreano e di siglare un accordo di pace. Il problema resta lo stesso di 6-7 anni fa: cosa ottenere in cambio, se non la rinuncia al nucleare? Rispetto ad allora, Pyongyang appare più forte. Può fare leva sui suoi legami con la Russia di Vladimir Putin e la sua economia accenna a riprendersi.
Denuclearizzazione difficile, malgrado la crisi
Solo il combinato tra deprezzamento del cambio e inflazione potrebbe rimescolare le carte. La ripresa del won appare effimera, legata più che altro alle aspettative dei commercianti per un imminente afflusso di valuta cinese a seguito degli accordi commerciali appena siglati. Senza un loro avveramento quanto prima, il cambio tornerebbe sotto pressione. E l’inflazione accelererebbe la corsa in un’economia con potere di acquisto mediamente insufficiente anche solo per mettere insieme pranzo e cena. Chissà che l’apertura di Kim Jong-Un a Trump non sia un tentativo di sventare certi eventi, prima che precipitino.
giuseppe.timpone@investireoggi.it


