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Oggi: 05 Dic, 2025

Italia, più soldi alle armi che alla scuola: il caso unico in Europa

L’Italia potrebbe diventare l’unico Paese UE a spendere più per le armi che per la scuola: ecco cosa significa.
5 mesi fa
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L’Italia rischia di diventare l’unico grande Paese dell’Unione Europea a destinare più risorse alla difesa che all’istruzione. Una prospettiva che fa discutere, soprattutto in un periodo storico in cui l’educazione e la formazione dei giovani dovrebbero rappresentare la priorità per garantire sviluppo e innovazione. Mentre il governo pianifica un aumento progressivo della spesa militare, il settore scolastico resta fermo a percentuali del PIL che già oggi sono inferiori alla media europea.

La situazione sta accendendo un acceso dibattito tra analisti, cittadini e associazioni, perché le scelte attuali potrebbero influenzare profondamente il futuro del Paese. Se da un lato l’esigenza di rafforzare la difesa è legata a nuovi scenari geopolitici, dall’altro la riduzione degli investimenti nell’istruzione rischia di compromettere la crescita economica e sociale nel lungo periodo.

La corsa alle spese militari: obiettivo 5% del PIL

Negli ultimi anni, la spesa italiana per la difesa ha registrato un costante aumento. Attualmente, il bilancio annuale per il comparto militare si attesta intorno ai 33 miliardi di euro, ma i piani per i prossimi anni prevedono una crescita ancora più marcata. L’obiettivo, in linea con le indicazioni dell’Alleanza Atlantica, è quello di portare il livello di spesa complessivo, compresi gli investimenti infrastrutturali, al 5% del PIL entro il 2035.

Questo significa che già a partire dal 2025 gli italiani potrebbero trovarsi a contribuire con circa 650 euro in più all’anno per finanziare il settore difesa. Una famiglia di quattro persone dovrebbe quindi versare oltre 2.600 euro in più ogni anno. Si tratta di cifre importanti, che sollevano dubbi su come queste risorse verranno sottratte ad altri capitoli di spesa.

L’incremento progressivo sarà suddiviso in tappe: 7 miliardi di euro in più già nel 2025, poi altri 10 miliardi nel 2026, con un impatto sempre più pesante sul bilancio dello Stato.

L’istruzione al palo: investimenti insufficienti

Parallelamente, il settore dell’istruzione in Italia continua a soffrire di cronica sottofinanziamento. Attualmente la spesa pubblica per la scuola e l’università si attesta al 4,1% del PIL, una quota inferiore alla media europea del 4,7% e lontanissima da Paesi come la Svezia e la Danimarca, che investono oltre il 6% del PIL.

Questo scarto non riguarda solo le cifre, ma anche le priorità politiche e culturali. La Germania, per esempio, ha aumentato costantemente i fondi destinati all’istruzione dal 2016, passando da 140 miliardi a quasi 190 miliardi di euro, mentre l’Italia è rimasta sostanzialmente ferma. La conseguenza è che le scuole italiane devono affrontare problemi strutturali, carenza di docenti e difficoltà a innovare i programmi didattici per adeguarli alle esigenze di un mondo in continua evoluzione.

Gli analisti sottolineano che investire in istruzione significa investire nel futuro del Paese. Una popolazione meglio formata è in grado di contribuire con idee, innovazione e competenze che favoriscono la crescita economica e sociale. Destinare più risorse alle armi che alla scuola non è solo una questione contabile: rappresenta una precisa scelta politica e culturale. In un contesto globale segnato da tensioni e nuove sfide alla sicurezza, è comprensibile che il governo intenda rafforzare il comparto difesa.

Certo, non si può ignorare che un Paese che non investe in formazione rischia di compromettere la propria competitività sul medio e lungo periodo.

Le conseguenze di una scelta sbilanciata

I sindacati del settore scolastico temono che i tagli al comparto possano tradursi in un peggioramento delle condizioni di lavoro per insegnanti e personale scolastico, oltre che in un impoverimento dell’offerta formativa. Le associazioni studentesche, invece, denunciano una politica che privilegia la spesa militare a discapito delle nuove generazioni.

La sfida per il governo sarà quindi quella di trovare un equilibrio: garantire la sicurezza nazionale senza sacrificare il diritto all’istruzione di qualità per tutti. Il 2025 potrebbe rappresentare un anno di svolta per le politiche di bilancio italiane. La scelta di aumentare progressivamente la spesa militare mentre il settore educativo resta in difficoltà rischia di incidere profondamente sul futuro della società.

In un Paese che già fatica a garantire pari opportunità a tutti i cittadini, ridurre ulteriormente le risorse per la scuola significherebbe limitare le possibilità di crescita e di innovazione. Per questo, molti osservatori chiedono al governo di rivedere le proprie priorità e di avviare un piano di investimenti straordinari nel settore istruzione. L’Italia dovrà decidere se continuare a percorrere una strada che la renderebbe unica tra i grandi Paesi europei – quella di spendere più per le armi che per la scuola – oppure invertire la rotta, restituendo centralità all’educazione come strumento di sviluppo e coesione sociale.

Riassumendo.

  • L’Italia rischia di spendere più per la difesa che per l’istruzione.
  • La spesa militare è destinata a salire al 5% del PIL entro il 2035.
  • Il settore scolastico resta sottofinanziato, con effetti negativi sul futuro del Paese.

Daniele Magliuolo

Redattore di InvestireOggi.it dal 2017, scrive per il web dal 2010.
Da autore letterario ha scritto il graphic novel Notteterna e la raccolta di racconti L'Orrore Dentro edita dalla Diana Edizioni.
Tra le sue passioni si annoverano cinema, filosofia, musica, letteratura, fumetti e altro ancora. La scrittura è una di queste, e si dichiara felice di averla trasformata in un vero e proprio lavoro.
Nell'era degli algoritmi che archiviano il nostro sentire al fine di rinchiuderci in un enorme echo chamber, pone al centro di ogni suo articolo la riflessione umana, elemento distintivo che nessuna tecnologia potrà mai replicare.

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