La questione dell’impiego di tecnologie biometriche negli ambienti lavorativi, in particolare per la rilevazione delle presenze, è tornata al centro dell’attenzione dopo l’intervento del Garante per la protezione dei dati personali, reso noto nella Newsletter n. 536 del 25 giugno 2025. L’Autorità ha ribadito i principi fondamentali che regolano l’uso delle impronte digitali per registrare la presenza dei dipendenti sul luogo di lavoro, sottolineando ancora una volta la necessità di una specifica base normativa per legittimare questo tipo di trattamento.
Impronti digitali per presenza lavoro: interesse pubblico, necessità e proporzionalità
Secondo quanto espresso dal Garante, la raccolta e il trattamento di dati biometrici — come le impronte digitali — nel contesto occupazionale non possono avvenire in modo indiscriminato.
Tali attività devono poggiare su una normativa specifica che garantisca una tutela adeguata dei diritti dei lavoratori. Inoltre, è essenziale che il trattamento risponda a un interesse pubblico ben definito e che rispetti criteri rigorosi di necessità e proporzionalità in relazione alle finalità perseguite.
Ciò significa che non è sufficiente una generica finalità organizzativa o gestionale per giustificare la raccolta di dati così sensibili. Occorre, piuttosto, che il trattamento risulti strettamente indispensabile e che non esistano alternative meno invasive per raggiungere gli stessi obiettivi.
Il caso di Tropea: sanzione a un istituto scolastico
L’intervento del Garante è scaturito da un reclamo che ha coinvolto un istituto di istruzione superiore con sede a Tropea. L’istituto aveva introdotto un sistema di rilevazione delle presenze fondato sul riconoscimento delle impronte digitali del personale amministrativo. Il sistema era stato implementato con un duplice intento: verificare la presenza del personale e prevenire eventuali episodi di danneggiamento o vandalismo.
La misura, tuttavia, si è rivelata in contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali. Nonostante l’utilizzo fosse riservato ai soli lavoratori che avevano espresso il proprio consenso e che avevano scelto volontariamente tale modalità rispetto a quella tradizionale, il Garante ha ritenuto il trattamento illecito. Di conseguenza, con provvedimento del 27 marzo 2025, è stata comminata una sanzione amministrativa di 4.000 euro all’istituto scolastico.
Il valore del consenso nel rapporto di lavoro
Uno degli elementi centrali dell’analisi condotta dal Garante riguarda il ruolo del consenso nel contesto lavorativo. In linea con quanto già affermato in un precedente parere del 2019, l’Autorità ha chiarito che il consenso del lavoratore non può, di norma, rappresentare un valido fondamento giuridico per il trattamento dei dati personali, specie se di natura sensibile come quelli biometrici.
Questo principio trova giustificazione nell’asimmetria strutturale che caratterizza il rapporto tra datore di lavoro e lavoratore. In un contesto in cui il dipendente si trova in una posizione subordinata, il consenso difficilmente può essere considerato “libero” e privo di condizionamenti. Anche in presenza di una dichiarazione esplicita da parte del lavoratore, dunque, il trattamento resta illegittimo in assenza di una norma di legge che lo consenta.
Le impronte digitali per le presenze: strumenti troppo invasivi?
L’impiego di sistemi biometrici per il rilevamento delle presenze, come le impronte digitali, è stato definito dal Garante una forma di controllo particolarmente invasiva.
I dati biometrici sono infatti considerati “particolari” ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), in quanto possono rivelare informazioni univoche e sensibili legate all’identità fisica della persona.
L’uso generalizzato e non mirato di tali tecnologie da parte delle amministrazioni pubbliche, secondo l’Autorità, non può essere giustificato da mere esigenze gestionali. L’introduzione di sistemi biometrici per la gestione del personale, se non accompagnata da un’adeguata cornice normativa, costituisce una violazione del principio di minimizzazione dei dati e della tutela della dignità del lavoratore.
Il principio di proporzionalità: una condizione imprescindibile
Nel valutare la legittimità dell’uso delle impronte digitali per registrare le presenze sul lavoro, il Garante ha richiamato con forza il principio di proporzionalità. Tale principio impone che ogni trattamento di dati personali, soprattutto se si tratta di dati particolarmente delicati, debba essere commisurato all’effettiva necessità e non eccedere rispetto allo scopo perseguito.
Nel caso specifico dell’istituto scolastico di Tropea, il Garante privacy ha evidenziato come non sia stato dimostrato che la finalità di prevenire atti vandalici e tutelare l’integrità della struttura non potesse essere raggiunta con strumenti meno invasivi, come ad esempio sistemi di videosorveglianza o registri elettronici alternativi.
Conseguenze per enti pubblici e privati
L’intervento del Garante assume particolare rilevanza sia per le amministrazioni pubbliche sia per i datori di lavoro privati. In entrambi i contesti, infatti, l’adozione di tecnologie di rilevamento biometrico deve avvenire nel rispetto di condizioni molto stringenti. Il semplice consenso dei lavoratori non è sufficiente, né tantomeno lo è la volontà di semplificare o automatizzare processi interni.
Per evitare sanzioni, ogni ente o azienda che intenda utilizzare strumenti di riconoscimento biometrico, come le impronte digitali per le presenze sul lavoro, dovrà verificare attentamente la sussistenza di una base giuridica specifica e dimostrare che non esistano alternative più rispettose dei diritti fondamentali dei dipendenti.
Impronti digitali presenze: tecnologie biometriche e diritti fondamentali
L’uso delle impronte digitali per la rilevazione delle presenze sul posto di lavoro rappresenta una questione complessa che richiede un attento bilanciamento tra efficienza organizzativa e tutela dei diritti della persona.
Il recente richiamo del Garante della privacy riafferma con chiarezza che l’introduzione di tali strumenti, per quanto avanzati e potenzialmente utili, non può prescindere dal rispetto delle normative vigenti e dei principi fondamentali in materia di protezione dei dati personali.
Le imprese e le pubbliche amministrazioni che intendano avvalersi di tecnologie biometriche per la gestione delle presenze devono quindi agire con la massima cautela, consapevoli che ogni scelta organizzativa ha anche un impatto giuridico e, soprattutto, umano. Solo un approccio basato sulla trasparenza, la legalità e la proporzionalità potrà garantire un utilizzo etico e legittimo di strumenti così sensibili.
Riassumendo
- L’uso di dati biometrici sul lavoro richiede una norma specifica e giustificata.
- Il consenso dei lavoratori non basta a legittimare il trattamento delle impronte digitali.
- Il Garante ha sanzionato un istituto scolastico per uso illecito di dati biometrici.
- I sistemi biometrici sono considerati invasivi e devono rispettare necessità e proporzionalità.
- Senza una base legale, anche strumenti volontari risultano illeciti.
- Aziende e PA devono adottare tecnologie rispettose dei diritti dei dipendenti.
