LUCA FORNOVO La Stampa
«Senza i Malacalza non ce l’avremmo mai fatta... L’Addendum (le nuove regole, ndr) della Bce ha creato un livello enorme di incertezza sul mercato e ha condizionato l’interesse degli investitori. E il caso Creval ha creato un ulteriore problema, peggiorando il quadro».
Dopo i tre giorni più lunghi, passati quasi senza chiudere occhio, Paolo Fiorentino, amministratore delegato della Banca Carige, tira un sospiro di sollievo e in un’intervista al Secolo XIX spiega le tante difficoltà con cui ha avuto a che fare ultimamente e ringrazia gli azionisti che sono stati decisivi per l’ok tanto sofferto a una maxi-ricapitalizzazione, che di fatto metterà in salvo blasone e affari della storica banca genovese. L’aumento di capitale da 560 milioni di euro di Carige si farà, forse già da mercoledì, al prezzo di 1 centesimo per azione, che corrisponde circa al 25% del valore tangibile (reale, ndr) della banca.
«La stessa sospensione del titolo in Borsa ci ha salvaguardato» ammette Fiorentino, che a lungo è stato un manager di Unicredit. Pericolo non ancora scongiurato perché la Consob sta valutando se far tornare Carige agli scambi già da domani, ma questo lo si saprà solo poco prima dell’apertura di Piazza Affari. Riguardo i presunti attriti tra il consorzio di garanzia dell’aumento e la Malacalza Investimenti, primo socio di Carige, Fiorentino cerca di smorzare le polemiche: «Non c’era un problema di disaccordo tra le banche del consorzio e il primo azionista». Ma l’ad della banca genovese ammette che il problema è stato nell’indirizzare il dialogo «tra Carige e il consorzio di garanzia. Il problema era la valutazione dell’operazione, la profilazione del rischio». Problemi evidentemente di non poco conto, visto che la famiglia Malacalza ha apposto la firma all’aumento in ritardo, all’ultimo momento, mettendo sulla graticola i vertici della Carige.
«Senza i Malacalza - sottolinea Fiorentino - non ce l’avremmo fatta, così come senza il contributo degli altri investitori della banca. Ho incassato con orgoglio la decisione di Gabriele Volpi di salire dal 6% al 9,9%». Gli imprenditori Malacalza, Volpi e Spinelli, le Coop e le fondazioni rappresentano una fetta sostanziosa dell’aumento ma non ancora sufficiente: 140 milioni su 560 sono garantiti.
Ma Fiorentino mette le mani avanti: «Ci siamo portati a casa prima l’interesse anche di altri investitori. Se Unipol entrerà non sarà ovviamente decisiva. Mentre abbiamo portato a casa investitori stabili di taglia internazionale... Un po’ anglosassoni e un po’ italiani». Sono pronti a investire infatti altri potenziali acquirenti, alcuni dei quali, oltre alle attività in vendita, come Creditis (credito al consumo) e gli Npl, puntano anche a entrare nel capitale della banca. Per Creditis ci sono diversi pretendenti, tra cui Compass (Mediobanca), mentre per i crediti deteriorati Credito Fondiario tratta in esclusiva l’acquisto di un pacchetto del valore di 1,2 miliardi lordi.
Sull’aumento resta però ancora l’incognita di cosa faranno i piccoli azionisti che rappresentano oltre il 50% del capitale di Carige. «Vedremo come si posizioneranno - spiega Fiorentino - è facile fare previsione sui soci istituzionali, meno facile è capire cosa fa il retail, che in Carige è fatto al 73% di residenti in Liguria, con un livello di affezione al brand straordinario. Io sono ottimista. Confidiamo di convincere il maggior numero a entrare». Per ora resta da vedere se anche Piazza Affari sarà ottimista.