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Oggi: 29 Dic, 2025

Stipendio, arretrati e CCNL: ecco cosa cambia la manovra del governo

Stop agli arretrati di stipendio a carico del datore di lavoro condannato dai giudici per aver pagato meno un dipendente.
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arretrati stipendio
© Investireoggi

Una norma che salva i datori di lavoro e limita il diritto al giusto salario dei lavoratori. Opposizioni e sindacati alzano la voce per quanto è spuntato nella legge di Bilancio, attraverso un emendamento di Fratelli d’Italia. Ovvero di essere un regalo alle imprese e uno smacco per i dipendenti. Ma cosa prevede davvero la nuova norma e perché viene così duramente criticata?

Stipendio, arretrati e CCNL: ecco cosa cambia la manovra del governo

I datori di lavoro non sarebbero più costretti a versare arretrati di stipendio ai lavoratori dipendenti che ottengono da un giudice un provvedimento favorevole a seguito di un ricorso contro una retribuzione ritenuta troppo bassa.

Niente effetto retroattivo, dunque. Le differenze retributive arretrate, pur stabilite da un tribunale, non sarebbero più dovute.

Si tratta, di fatto, di una norma che tutela i datori di lavoro che, oggettivamente, spesso si trovano ad affrontare gravi crisi finanziarie ed economiche a seguito di sentenze di questo tipo, capaci di metterli in seria difficoltà.

Come sempre, però, occorre distinguere tra i datori di lavoro che speculano sui dipendenti, e che meritano di pagare per un modus operandi poco ortodosso e probabilmente illecito. E quelli che applicano correttamente le regole stabilite dai contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). Invero sottoscritti anche dai sindacati. Gli stessi sindacati che oggi contestano la norma.

Nell’emendamento, infatti, è scritto chiaramente che le aziende che, secondo le sentenze di un giudice, non corrispondono una retribuzione conforme all’articolo 36 della Costituzione, non saranno tenute a versare gli arretrati sulle differenze retributive, ma solo ad adeguare il salario dal momento della sentenza in poi.

A condizione, però, che lo stipendio erogato in precedenza fosse basato sui minimi previsti dai CCNL.

Cosa cambia adesso e come la norma aiuta i datori di lavoro

La norma inserita nella legge di Bilancio su proposta di Fdi — già ipotizzata nel 2024 e poi accantonata — risulta quindi fortemente divisiva. Non solo perché esclude la condanna al pagamento degli arretrati salariali, ma anche perché prevede la non condanna al versamento delle differenze contributive.

Il significato è chiaro: poiché all’aumento dello stipendio corrisponde un aumento dei contributi versati dal datore di lavoro, l’assenza di arretrati retributivi comporta automaticamente anche l’assenza di arretrati contributivi.

L’articolo 36 della Costituzione stabilisce che il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro. E, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. È proprio questo principio che i lavoratori richiamano nei ricorsi e che i giudici utilizzano come riferimento nelle sentenze.

Con la nuova norma, però, se la retribuzione non è conforme all’articolo 36 ma risulta comunque in linea con i minimi salariali del CCNL — che spesso tengono conto del costo della vita sul territorio e dei livelli di produttività — il datore di lavoro viene sostanzialmente salvaguardato. Un cambio di prospettiva che continua ad alimentare il confronto politico e sindacale.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.