Il piccolo commerciante fra un po’ non esisterà più. I negozi sotto casa, le botteghe e piccoli esercizi commerciali a conduzione familiare continuano a chiudere sotto il peso delle tasse che non accennano a diminuire.

L’andamento riguarda un po’ tutta l’Europa dove si sta imponendo in maniera dirompente anche la grande distribuzione e il commercio online, ma è particolarmente preoccupante in Italia dove, per tradizione e abitudine, nelle realtà provinciali il negozio sotto casa ha rappresentato per decenni l’ossatura dell’attività economica nazionale.

Vendite al dettaglio: in calo i piccoli negozi

Così, secondo i recenti dati Istat, i negozi chiudono in perdita per il terzo anno consecutivo. Dopo un 2017 ed un 2018 con il segno meno, le piccole superfici registrano anche nel 2019 una flessione delle vendite (-0,7%) in forte controtendenza rispetto alla variazione media positiva (+0,8%) messa a segno dal complesso delle vendite al dettaglio. Un dato che certifica, ancora una volta, lo stato di difficoltà dei negozi di vicinato e la necessità di un intervento urgente a loro sostegno. “Proprio oggi abbiamo rappresentato al presidente del Consiglio Giuseppe Conte la situazione critica vissuta dalle piccole imprese del commercio“, commenta la presidente di Confesercenti Patrizia De Luise.

In Italia chiude un negozio ogni ora

Sulle piccole attività commerciali pesano soprattutto le tasse che sono fra le più alte di tutta Europa. Ma anche la burocrazia ha il suo peso: se in Belgio, Olanda o Austria basta un solo permesso per aprire una nuova attività, da noi ci vogliono almeno 4 passaggi burocratici differenti con tre enti diversi coinvolti. Poi per tutti gli adempimenti fiscali e previdenziali bisogna per forza dotarsi di un commercialista, altrimenti si finisce in un ginepraio fiscale da cui non se ne esce più. A sparire sono soprattutto i negozi tradizionali, come quelli alimentari e dell’abbigliamento. Sotto accusa, come detto, c’è il carico burocratico che favoriscono la nascita di grandi concentrazioni, ossia la grande distribuzione, a scapito dei piccoli imprenditori costretti ad aumentare i prezzi a scapito della competitività.

Nel 2019 hanno chiuso mediamente un negozio ogni ora, anche in conseguenza della liberalizzazione degli orari di apertura delle attività che hanno favorito i grandi centri commerciali.

Confesercenti chiede aiuto al governo

Al Presidente del Consiglio – dice De Luise – abbiamo chiesto di affrontare i nodi che compromettono gravemente questa parte fondamentale del tessuto imprenditoriale italiano, a partire dal fisco e dal credito. Allo stesso tempo abbiamo sottolineato anche la necessità di un progetto di rilancio del settore che riconosca il ruolo economico e sociale che la rete dei piccoli negozi – la più grande rete d’Italia – svolge sul territorio, in particolare nei borghi e nei centri urbani di minori dimensioni. Senza provvedimenti forti, incisivi, il commercio di vicinato non uscirà da questa crisi strutturale. Migliaia di altre attività chiuderanno per sempre, accelerando il processo di desertificazione commerciale delle nostre città, con la conseguente drammatica perdita di posti di lavoro, di patrimonio, di investimenti e di servizi per i cittadini“.