La tassa sulla religione non è una novità in Germania e in altri Paesi del centro e nord Europa. Tuttavia oggi la tassazione su chi dichiara di essere cattolico sta facendo clamore a livello internazionale per via del calciatore Luca Toni, a processo contro il Fisco tedesco. Vediamo meglio in che cosa consiste la tassa sulla religione per smentire alcuni luoghi comuni e fare chiarezza sul caso Toni.

Essere cattolici costa: la tassa sulla religione in Germania

Quanto costa essere religiosi in Germania? Chi nella dichiarazione dei redditi sbarra la casella relativa all’appartenenza ad una religione, cattolica, protestante o ebraica che sia, di fatto autorizza il fisco a trattenere dai redditi il corrispettivo una cifra extra, che in tedesco si chiama Kirchensteuer, corrispondente all’8-9 per cento delle proprie imposte.

Questo non avviene solo in Germania ma anche, ad esempio, in Svizzera o in Danimarca. Non si tratta di cifre esigue considerando il livello di tassazione tedesco: per redditi pari a 100 mila euro le imposte ammontano a circa 30 mila euro l’anno e solo la tassa sulla religione può arrivare a circa 2500 euro. Si spiega anche con questo inasprimento fiscale l’esodo dalle religioni dei contribuenti tedeschi.

La Germania non è un paese per cattolici (poveri)

Ma se ci si è dichiarati cattolici negare la propria fede nella successiva dichiarazione non è facile, non solo da un punto di vista morale (e peraltro ha un costo di circa 30 euro). E’ a carico del contribuente l’onere della prova e dal 2012 la conferenza dei vescovi cattolici tedeschi ha proibito tramite decreto a chi non paga la tassa sulla religione di ricevere i sacramenti. Nel caso di Toni ad esempio il matrimonio cattolico servirebbe a provare la sua fede religiosa. Dallo scorso anno peraltro la tassa sulla religione viene estrapolata anche dal capital gain e quindi trattenuta dalla banca per evitare frodi.

8 per mille alla Chiesa: obbligatorio per i fedeli?

Mentre quindi in Italia la scelta della destinazione dell’8 per mille è a discrezione del contribuente, a prescindere dalla sua fede religiosa, in questi Paesi chi si dichiara praticante è obbligato al versamento per la manutenzione delle chiese e il finanziamento delle attività religiose e, in caso contrario, rischia una procedura di infrazione, proprio come è successo di recente all’attaccante Luca Toni in concomitanza con le stagioni giocate al Bayern Monaco nel biennio 2008-2010. Il calciatore si è giustificato puntando il dito contro il suo ex consulente fiscale e contro la società del Bayern che,a suo dire, non lo avrebbero informato della tassa sulla religione. Il processo va avanti dopo che la società calcistica tedesca ha rifiutato la mediazione proposta dai giudici. Toni, oggi tornato a Verona, si è sfogato dalle pagine del “Bild”: “Penso che se qualcuno crede in Dio non deve pagare la chiesa”.