Importante sentenza della Corte di Cassazione, la n. 7344 depositata lo scorso 11 maggio, in cui si  precisa come la comunicazione di irregolarità che l’Agenzia delle entrate invia al contribuente, dopo la liquidazione delle dichiarazioni o del controllo formale, sia un atto impugnabile da parte dello stesso contribuente, perché porta a conoscenza una pretesa impositiva compiuta.

In sostanza ciò sta a significare che il contribuente a cui arriva una comunicazione di irregolarità da parte del Fisco, se non potrà definirla al piu’ presto, potrà impugnare la comunicazione in oggetto, senza dover attendere la successiva cartella di pagamento.

Risulta così che un atto come un semplice avviso bonario che porta a conoscenza del contribuente una pretesa impositiva compiuta diviene oggetto di impugnazione.

 

Il precedente orientamento delle Entrate

Finora l’Agenzia guidata da Attilio Befera aveva sostenuto come gli avvisi bonari non sono atti impugnabili ma semplici comunicazioni ai sensi dell’articolo 36 bis comma 3 del DPR 600/73.

La posizione delle Entrate si ritrova nella risoluzione n. 110 del 22 ottobre del 2010 in cui l’Amministrazione finanziaria aveva avuto modo di chiarire che gli avvisi bonari, inviati al contribuente non contengono una chiara e netta pretesa tributaria, ma sarebbero dei meri inviti per lo stesso contribuente a fornire elementi chiarificatori delle anomalie che vengono riscontrate in sede di liquidazione automatizzata della dichiarazioni.

Secondo le Entrate l’avviso bonario non contiene una precisa e chiara manifestazione di volontà tributaria, ma tale volontà sarebbe in itinere.

 

La sentenza n. 7344/12: avviso bonario impugnabile

Con la sentenza n. 7344 dell’11 maggio 2012, gli Ermellini affermano che gli avvisi bonari, nonostante non rientrino nell’elenco tassativo degli atti impugnabili, individuati ai sensi dell’articolo 19 del Decreto legislativo n. 546/1992, devono essere ricompresi tra quegli atti diversi che possono essere impugnati dal contribuente in quanto espressione di una compiuta e definita pretesa tributaria. In altre parole, si riconosce la facoltà per il contribuente di ricorrere al giudice tributario contro tutti quegli atti “dell’ente impositore che, con l’esplicazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che li sorreggono, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento, si vesta della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall’articolo 19 atteso l’indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell’interesse a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione”.

 

I possibili problemi derivanti

Ma la possibilità dell’impugnabilità immediata dell’avviso bonario inviato dall’agenzia delle Entrate, affermata dalla Corte di cassazione con la sentenza 7344/2012 comporta fattualmente dei problemi dal punto di vista operativo sia per i contribuenti, sia per la stessa amministrazione finanziaria, con la minaccia concreta di generare molta confusione. A ben vedere infatti, l’avviso o la comunicazione di irregolarità è impugnabile perché, secondo gli Ermellini, tale avviso contiene una pretesa impositiva compiuta, con la conseguenza che per entrambe le parti, Entrate e contribuente, devono essere messe in attuazione tutte le regole previste in materia di contenzioso tributario per poter presentare quindi il ricorso.

 

Quali sono i termini entro cui presentare il ricorso?

Si nota come sussiste in tal caso innanzitutto un problema di certezza della ricezione dell’avviso: se ad oggi gran parte di questi avvisi, viene spedita con posta ordinaria, la data indicata sull’avviso è spesso di parecchi giorni antecedente a quella dell’effettiva spedizione.

Se l’atto diventa impugnabile, secondo gli Ermellini, sarà necessario però rispettare i termini previsti, i sessanta giorni circa dalla sua ricezione, per cui l’ufficio dovrà recapitarlo almeno con raccomandata, visti che i tempi sono piu’ celeri.

 

Rischio intasamento Uffici

Se poi gli avvisi bonari di cui trattasi sono nella maggior parte dei casi delle mere comunicazioni con importo inferiore a 20mila euro, il rischio evidente è che vengano intasati gli uffici delle Entrate, visto che tutti i contribuenti possono impugnare secondo quanto disposto dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7344/12. Si auspica così un intervento chiarificatore al piu’ presto.