Che le pensioni dei militari siano privilegiate rispetto alla generalità di quelle dei dipendenti pubblici e privati non è affatto mistero. Lo abbiamo sempre scritto su queste pagine, senza entrare mai nel merito delle decisioni politiche adottate, ma semplicemente analizzando i fatti. E non è nemmeno una esclusiva italiana, visto che anche in altri Paesi Ue ed extra Ue i militari vanno in pensione prima e sono trattati meglio.

Il tema delle pensioni dei militari e delle forze di polizia è tornato, però, nel mirino dei critici del sistema all’indomani dell’allarme lanciato dall’Inps sulla sostenibilità della spesa previdenziale.

Il presidente Pasquale Tridico ha evidenziato nuovamente al Governo e al Parlamento quali siano le criticità del nostro welfare alla vigilia della difficile riforma pensioni 2024.

Le pensioni dei militari

Sostanzialmente i punti critici sono due: il ritorno dirompente dell’inflazione che obbliga lo Stato a spendere più soldi per adeguare le rendite pubbliche al costo della vita e le uscite anticipate. Un mix di fattori che, unito all’incremento dell’indice di denatalità, mette in pericolo la tenuta del sistema pensionistico tricolore per i prossimi anni. Già nel 2023 l’Inps registrerà un buco da 10 miliardi di euro, che potrebbe allargarsi fino a 92 entro il 2029, secondo l’Inps.

E fra le pensioni anticipate ci sono anche quelle dei militari che non sono state toccate dalla riforma Fornero del 2011. Carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco e militari in generale lasciano ancor oggi il servizio al raggiungimento dell’età ordinamentale (a partire da 60 anni). Ma possono andare in pensione anche a 58 anni con 35 di contributi o dopo 41 anni di servizio a prescindere dall’età.

Situazioni che appaiono abbastanza anacronistiche se si considera che la speranza di vita di uomini e donne negli ultimi 10 anni è cresciuta. Ma per i militari, non si capisce perché, il meccanismo che aggancia l’età pensionabile alla longevità non è mai stato preso in considerazione.

E questo è uno dei privilegi più controversi e discussi.

Se a ciò aggiungiamo che le pensioni di vecchiaia a 60 anni sono liquidate con importi più elevati facendo leva sul fondo di perequazione (giustamente), la conclusione è presto tratta. Anche le pensioni dei militari pesano sul bilancio dell’Inps, non meno e forse più di tante altre. Semplicemente perché non si mantengono con i soli contributi versati dai lavoratori durante la carriera.

Troppi soldi per le pensioni

A prescindere dal fatto che le pensioni dei militari siano giuste o sbagliate, a sollevare una certa vena polemica sulle spese per la Difesa e il comparto sicurezza è l’ex presidente dell’Inps (dal 2014 al 2019) Tito Boeri. Secondo l’economista, il 60% della spesa per la Difesa finisce in salari e pensioni. Una percentuale decisamente più alta rispetto alla media Ue (30-40 per cento).

Credo non ci sia nessun altro esercito al mondo in cui si spende tanto come in Italia solo per i salari. Quando vanno in pensione militari, alla fine si ritrovano pensioni molto più ricche della media”.

Inoltre, in base ai calcoli ufficiali Inps – puntualizza Boeri – i militari percepiscono una pensione doppia rispetto ai contributi versati “per una serie di vantaggi che i comuni mortali non hanno”. Vero che il loro lavoro è più rischioso di tanti altri (varrebbe la pena retribuirli meglio), ma è altrettanto vero che la misura dei privilegi pensionistici dei militari è ormai completamente scollegata coi tempi che corrono.

Ma le rendite stanno calando

Tutto vero fino ma solo fino a un certo punto, replicano i sindacati. Oggi le pensioni dei militari si stanno adeguando alle regole della riforma Dini del 1995. Le rendite tendono al ribasso e per chi ha preso servizio dopo il 1995 il trattamento non sarà tanto vantaggioso.

Scordiamoci – precisano le associazioni dei militari – le pensioni liquidate col sistema retributivo degli anni passati, calcolate in base agli ultimi anni di servizio. In tal caso le promozioni per anzianità facevano una netta differenza a carico della contribuzione generale.

E scordiamoci anche le baby pensioni di cui anche i militari, al pari di tanti altri dipendenti pubblici, hanno goduto. E stanno ancora godendo, in parte, anche indirettamente (reversibilità). Questi trattamenti sono in via di esaurimento.

Certo, le affermazioni di Boeri possono non piacere, ma si è sfondata una porta aperta. Non è una novità che la legge riserva ai militari ancor oggi privilegi che prima o poi dovranno essere dimensionati. Se l’obiettivo del governo, volente o nolente, è quello di limitare il più possibile le pensioni anticipate per tutti i lavoratori, non si capisce perché quelle dei militari debbano ancora rappresentare una eccezione.