Andare in pensione nel 2023 per chi è nato fino al 1959 ha diverse vie. E tutte alternative alle classiche misure di pensionamento ordinario tra cui la pensione di vecchiaia e quella anticipata. Numerose possibilità perché non mancano le alternative alle misure ordinarie, e la dimostrazione è proprio per quanti nel 2023 hanno compiuto o compiranno 64 anni di età. In base alla loro situazione contributiva, questi lavoratori potranno scegliere tra diverse opzioni per poter andare in pensione. Ed alcune di queste possibilità non sono molto conosciute.

Ecco perché è necessario fare un riepilogo di quello che offre il sistema previdenziale adesso, rispondendo a diversi quesiti di diversi nostri lettori.

“Vorrei sapere se una volta arrivato a 64 anni di età che compirò nel mese di aprile, avendo già adesso 36 anni di contributi versati, posso andare in pensione con qualche misura che magari non conoscono. Non credo di svolgere un’attività gravosa tra quelle previste per la pensione con l’Ape sociale. Voi cosa dite?”

“Leggo che con vent’anni di contributi avendo iniziato la mia carriera dopo il 1995, posso aver diritto alla pensione a 64 anni di età. Dal momento che li compio a marzo, come posso verificare se davvero ho diritto alla pensione?”

“Perché mi hanno bocciato la domanda di pensione per la quota 41 nonostante ho 64 anni di età e 41 anni di contributi versati consecutivamente nella fabbrica per cui lavoro ancora oggi? mi hanno detto che non rispetto il requisito del lavoro gravoso. Ma io so che per noi operai di fabbrica il lavoro gravoso dovrebbe essere un diritto.”

Pensione anticipata 2023 per i nati fino al 1959, tutte le vie possibili

Come è evidente da questi 3 quesiti di altrettanti nostri lettori che hanno 64 anni di età, compiuti o da compiere da qui a qualche mese, per i nati fino al 1959 la voglia di andare in pensione e assai rilevante.

E come detto in premessa le opportunità per questi lavoratori non mancano. Chi nasce nel 1959 nel 2023 compirà proprio 64 anni di età. Un’età che permette di lasciare il lavoro con una misura molto particolare ma senza scadenza. Perché si tratta di una misura strutturale del sistema. La pensione anticipata contributiva è il nome di questa misura. Uno strumento pensionistico che rientra nel novero delle pensioni anticipate dell’INPS, a tal punto da essere citata nella scheda illustrativa della misura sul sito istituzionale dell’INPS. La verità però è che somiglia di più ad una misura di pensionamento di vecchiaia. Una considerazione lecita la nostra dal momento che escludendo l’età che parte a 64 anni e non a 67, la carriera contributiva utile tutto è tranne che è vicina alle classiche pensioni anticipate del nostro ordinamento. Bastano come detto 20 anni per la pensione anticipata contributiva. La stessa carriera delle pensioni di vecchiaia ordinarie.

Come sfruttare la pensione anticipata contributiva nel 2023

 

Con la pensione anticipata ordinaria possono uscire dal lavoro quanti nel 2023 completeranno sia i 64 anni di età che i 20 anni di contributi previdenziali versati. Importante però è avere iniziato la carriera dopo il 31 dicembre 1995. La misura infatti si chiama pensione anticipata contributiva proprio perché è una misura che si rivolge ai lavoratori che rientrando interamente nel sistema contributivo. Cioè quanti vengono chiamati contributivi puri. Per questi lavoratori il calcolo della prestazione diventa rilevante perché per poter sfruttare la misura occorre arrivare ad un importo minimo della prestazione pari a 2,8 volte l’assegno sociale. Nel 2023 dopo gli adeguamenti al tasso di inflazione, la pensione anticipata contributiva si può percepire a condizione che l’assegno sia liquidato in misura pari o superiore a 1.400 euro al mese. Ed è questo il limite più importante della misura, che finisce con il rendere poco fruibile la prestazione. Soprattutto per lavoratori che hanno una carriera pari o poco più lunga di 20 anni di contributi versati.

L’Ape sociale è una alternativa valida anche a 64 anni di età

Ma come dicevamo, sono diverse le misure che permettono il pensionamento per chi compie 64 anni nel 2023. Ma con carriere più lunghe di 20 anni di contributi versati. Infatti, se i lavoratori con 64 anni di età svolgono un’attività di lavoro gravoso possono anche rientrare nell’Ape sociale. La misura infatti parte a 63 anni di età per chi ha completato 36 anni di contributi versati e svolge una delle tante attività di lavoro gravoso previste dal nostro ordinamento. Solo per edili e ceramisti, e per poche altre particolari attività di lavoro gravoso, i contributi necessari sono pari a 32 anni. Se il richiedente invece ha un’invalidità pari o superiore a 74%, l’Ape sociale si centra con 30 anni di contributi versati. E lo stesso accade da chi almeno da sei mesi assiste un familiare stretto disabile e convivente, cioè il cosiddetto caregiver. E anche i disoccupati possono avere accesso, sempre a 63 anni di età e con 30 anni di contributi versati a questa particolare misura. Particolare perché non ha tredicesima, non si adegua all’inflazione, non ha maggiorazioni sociali o integrazioni al minimo e non è reversibile in caso di prematura scomparsa del beneficiario.

Cosa si può fare a 64 anni di età per la propria pensione?

Se il richiedente invece è una donna, 64 anni di età sono abbondantemente sufficienti anche per opzione donna. La nuova misura prorogata nella legge di Bilancio infatti consente a chi ha completato 60 anni di età entro il 31 dicembre 2022 ed ha 35 anni di contributi versati alla stessa data, e rientra tra caregiver, invalide, disoccupate o alle prese con le crisi aziendali, di accedere alla quiescenza contributiva. Se la richiedente ha avuto un figlio, bastano anche 59 anni di età, mentre con due o più figli ne bastano anche 58. La misura si chiama anche pensione in regime contributivo anticipato donna, perché il calcolo della prestazione è totalmente con il penalizzante sistema contributivo.

Invalidità pensionabile

Per i soggetti che hanno una invalidità pensionabile pari o superiore ad 80%, c’è anche l’opportunità di accedere alla quiescenza con 20 anni di contributi versati e 61 anni di età per gli uomini o 56 anni di età per le donne. La misura si chiama pensione di vecchiaia con invalidità specifica. E questa invalidità non va confusa con quella civile perché deve essere la commissione medica dell’INPS a certificarla e non quella delle Asl. Inoltre si parla di invalidità specifica perché riguarda la riduzione della capacità lavorativa per le mansioni effettivamente svolte dal lavoratore durante la sua attività e non di riduzione generica.

Pensioni distaccate dai limiti anagrafici, ecco alcune soluzioni

64 anni di età nel 2023 sono sufficienti anche per i lavoratori che svolgono lavoro notturno o che invece svolgono un lavoro usurante. La misura che viene chiamata anche scivolo usuranti, consente di uscire dal lavoro già a partire dai 61 anni e 7 mesi di età conta 35 anni di contributi versati. Il lavoro usurante deve essere svolto per la metà della vita lavorativa oppure per almeno sette degli ultimi dieci anni. Questa è una delle grandi differenze rispetto all’Ape sociale prima citata che invece per il lavoro gravoso prevede che tale attività sia stata svolta ogni in sette degli ultimi dieci anni o in sei degli ultimi 7. Per uscire dal lavoro con lo scivolo occorre completare anche la fatidica quota 97,6. In questo caso possono essere utilizzate anche le frazioni di anno. Naturalmente così come un nato fino al 1959 può avere accesso alla pensione anticipata ordinaria che non ha limiti di età ma ha solo il requisito contributivo da rispettare, così può accedere ad un altro scivolo, stavolta per i cosiddetti precoci.

Pensione anticipata o quota 41

La pensione anticipata ordinaria si completa con una carriera contributiva pari a 42,10 per gli uomini e 41,10 per le donne. Anche la quota 41 non ha limiti di età ed è una misura che può essere centrata anche da chi è nato nel 1959. Parliamo della quota 41 precoci, per la quale è necessario che almeno un anno di contribuzione sia stato versato prima del compimento dei 19 anni di età. Inoltre bisogna appartenere alle stesse categorie dell’Ape sociale, anche se va detto che i lavori gravosi della quota 41 sono molti di meno come platea.