L’Olanda non è famosa solo per i tulipani, le biciclette e i mulini a vento, ma anche come paradiso fiscale per le grandi holding multinazionali e per il regime di flessibilità nella governance societaria.

Sempre più società italiane stanno trasferendo la sede legale ad Amsterdam per non pagare tasse in Italia. Ad Amsterdam le holding non pagano quasi nulla sui profitti e il fisco è molto semplice. Anche la burocrazia è veloce e i procedimenti civili e giudiziari durano mediamente un quindi rispetto all’Italia.

Perché le grandi imprese vanno in Olanda

Così, sono molte le gradi società italiane che hanno trasferito negli ultimi anni la propria sede in Olanda. La più nota è Fca, seguita da Exor, Cnh Industrial, ma anche Ferrero, Cementir e Telecom Italia hanno aperto uffici nella terra dei tulipani. E preso seguiranno Mediaset e Campari. In Italia siamo indignati di tutto questo, ma c’è da dire che l’Olanda non è un paradiso fiscale, semmai è il nostro Paese che è un inferno fiscale. E non sono solo le tasse (alte) a toglier il fiato, ma anche l’eccessivo peso della burocrazia a tutti i livelli. Il regime fiscale olandese è infatti più pesante che in Italia per le persone fisiche e per le imprese, ma riserva alle holding una corsia preferenziale, nota sin dal ‘600. Dividendi e capital gain che affluiscono dalle controllate estere non concorrono all’imponibile, così come interessi e royalty  non sono tassati al punto che anche i Rolling Stones e gli U2 sono basati in Olanda.

L’evasione fiscale in Olanda

In fatto di evasione fiscale, poi, l’Olanda – secondo dati ufficiali della Ue nel 2018 – registra un tasso pari al 3,2% del Pil, mentre l’Italia è il primo Paese europeo con oltre l’11% del Pil. E allora perché tutto questo accanimento contro le aziende italiane che se la svignano trasferendo il quartier generale in Olanda? Cosa fa il nostro Paese per trattenerle in patria? Perché non si cerca di attirare anche qui le multinazionali? Per il diritto societario bizantino dell’Italia e per la durata media dei processi civili e commerciali in tutti i gradi di giudizio il nostro Paese non gode della migliore reputazione finanziaria.

Anzi, siamo agli ultimi posti e le imprese non investono.

La Tobin Tax

Anche a livello finanziario, siamo stati capaci di far scappare gli investitori introducendo la Tobin Tax sulle transazioni azionarie, il che che penalizza fortemente le quotazioni delle società quotate alla borsa di Milano. Ad eccezione di quelle che si sono trasferite appunto in Olanda. Fca, Exor, Cnh Industrial e Stm sono infatti registrate ad Amsterdam e su di esse lo Stato italiano non può applicare l’imposta dello 0,10% sull’acquisto delle azioni, il che avvantaggia, tanto il trader quanto il risparmiatore che non deve pagare allo Stato italiano sciupone inutili balzelli, oltre alla società stessa naturalmente.

Il voto plurimo e la flessibilità di governance

Ma i vantaggi di trasferirsi in Olanda non sono solo fiscali (anche Lussemburgo e Irlanda li hanno). C’è anche la flessibilità della governance societaria, con il voto plurimo nelle assemblee degli azionisti. Una sorta di meccanismo maggioritario che moltiplica i diritti di voto a partire da soglie variabili dal 20 al 30 per cento, garantendo al maggiore azionista il controllo della società. Fatto essenziale nelle holding. Altro vantaggio sono le successioni delle quote azionarie che non subiscono il salasso del regime fiscale italico e sono veloci. Infine e non ultimo vantaggio, riguarda la stabilità politica e finanziaria del Paese: l’Olanda ha uno dei debiti pubblici più bassi del Continente e gode di rating AAA, mentre il nostro Paese purtroppo è ai massimi livelli di indebitamento all’interno della Ue, dietro la Grecia, e il merito creditizio rischia di scivolare sotto la BBB.