In Italia, negli ultimi dieci anni, si è andati in pensione a meno di 62 anni di età. A 61,8 per l’esattezza. Il che non vuol dire che tutti abbiano goduto di questa possibilità, ma che per molti non è stato difficile evitare la Fornero.

Stando ai numeri, il nostro Paese vanta, rispetto alla media OCSE, il primato delle pensioni anticipate. Lo dice il rapporto “Pension at Glance” dell’organizzazione parigina che ha messo sotto la lente di ingrandimento i conti dell’Italia.

In pensione a meno di 62 anni

La politica, fra una riforma e l’altra (l’ultima è stata quota 100), ha trovato il modo di evitare le regole imposte dalla Fornero dal 2012 in poi. Cioè in pensione oggi a 67 anni di età o, in alternativa, con 41-42 anni e 10 mesi di contributi.

I nati negli anni 50 sono quelli che più di tutti hanno beneficiato della varie uscite anticipate. Per loro i 67 anni devono ancora arrivare, ma la pensione già ce l’hanno in tasca. Come è forse anche giusto, ma a un costo troppo elevato per lo Stato.

Meno giusto appare, infatti, il valore dell’assegno, calcolato parzialmente con il sistema retributivo e che fa lievitare l’importo della pensione con deficit strutturale sui conti degli enti pensionistici. In pratica lo Stato deve pagare più di quanto realmente accumulato coi versamenti contributivi.

Chi pagherà il conto

Il governo ha quindi tirato il freno alle pensioni anticipate, ma sarà dura rientrare in un contesto di equilibrio finanziario. La popolazione in Italia sta invecchiando velocemente – fa notare l’Ocse – e fra qualche anno il sistema pensionistico andrà fuori giri.

“Nel 2050 ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni ci saranno 74 ultra-65enni, uno dei rapporti più alti dell’intera Ocse”.

L’età media degli italiani, che nel 1990 era di 37 anni, nel 2050 sarà di 53 anni e mezzo, contro i 46,8 anni della media Ocse.

La popolazione in età lavorativa tra il 2020 e il 2060 diminuirà del 31% in Italia contro il -10% medio.

In questo contesto è del tutto evidente che, se non cambierà qualcosa, il sistema pensionistico non reggerà. Le entrate saranno sempre minori rispetto alle uscite. E i giovani lavoratori di oggi andranno in pensione a 71 anni con un tasso di sostituzione del 55-60% nella migliore delle ipotesi.