“Al giorno d’oggi l’amore è questione di cambiamento, il matrimonio di soldi, e il divorzio una situazione di comodo“, affermava Helen Rowland. Considerato il giorno più bello della propria esistenza perché segna un nuovo percorso da intraprendere al fianco della persona amata. Il matrimonio è in effetti un passo importante per qualsiasi coppia che decide di mettere nero su bianco il voler restare per sempre assieme.

Oltre all’aspetto prettamente romantico, però, si deve fare i conti anche con questioni di carattere pratico.

Ne sono una chiara dimostrazione i costi da dover affrontare per vivere assieme e, nella peggiore delle ipotesi, anche per divorziare. Non sempre, d’altronde, le cose vanno come si spera e può capitare che una coppia decida di porre fine alla propria relazione.

Una decisione, quest’ultima, che comporta inevitabilmente dei cambiamenti non indifferenti, anche dal punto di vista fiscale. Ne è un chiaro esempio il reddito di cittadinanza che, in caso di divorzio, può subire una variazione non indifferente dell’importo.

Reddito di cittadinanza e Divorzio Finto: quando mentire sul matrimonio è reato

Introdotto al fine di garantire un valido sostegno ai nuclei famigliari economicamente disagiati, ha destato particolare interesse una recente sentenza della Cassazione inerente proprio il reddito di cittadinanza. Un uomo, infatti, è stato condannato per aver dichiarato che la moglie faceva parte ancora del suo nucleo famigliare, nonostante fossero a tutti gli effetti separati.

A quanto pare l’uomo non aveva dichiarato all’Inps che la donna non abitasse più con lui da ormai più di un anno. In questo modo ha potuto continuare a percepire un reddito di cittadinanza dall’importo più alto. L’avvocato dell’uomo ha provato a spiegare che il suo assistito non intendesse attuare una truffa, bensì di aver agito in questo modo perché alle prese con una situazione economica particolarmente difficile.

La Cassazione ha però deciso di punire l’uomo per aver mentito sul matrimonio. Come previsto dall’articolo 7, comma 1 e 2 del decreto legge numero 4 del 28 gennaio 2019, d’altronde:

” Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni.
2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, è punita con la reclusione da uno a tre anni“.