L’assegno unico spetta per i figli “a carico”, dice la normativa. La quale, fornisce anche una definizione ad hoc a tal fine che è ben diversa da quella ai fini fiscali. In altri termini per figli a carico non devono intendersi quelli a carico “fiscalmente”.

Ma andiamo con ordine.

L’assegno unico è per ogni figlio a carico

L’assegno unico, che farà il suo debutto a marzo 2022, spetta ai nuclei familiari:

  • per ogni figlio minorenne a carico e, per i nuovi nati, decorre dal settimo mese di gravidanza
  • per ciascun figlio maggiorenne a carico, fino al compimento dei 21 anni in capo al quale è soddisfatta una o più delle seguenti condizioni:
    • frequenta un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea
    • svolge un tirocinio ovvero un’attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui
    •  sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l’impiego
    • svolge il servizio civile universale
  • per ogni figlio a carico con disabilità senza limiti di età.

L’importo spettante (che dipende dall’ISEE del nucleo familiare) sarà pagato mensilmente direttamente dall’INPS (quindi non in busta paga). Spetta da marzo a febbraio dell’anno successivo (ogni anno bisogna fare domanda) e sostituisce le detrazioni per figli a carico fino a 21 anni (senza limiti per figli disabili) e l’assegno familiare per figli a carico.

La definizione di figlio a carico

Come detto, l’assegno unico spetta per i figli “a carico”. A questo proposito la normativa fiscale dice che si possono considerare a carico del genitore i figli che (anche se non conviventi con il genitore) hanno conseguito un reddito complessivo

  • uguale o inferiore a 4.000 euro, se trattasi di figli di età non superiore ai 24 anni
  • uguale o inferiore a 2.840,51 euro, se trattasi di figli con età oltre i 24 anni.

Con riferimento all’assegno unico, invece, la stessa normativa che lo ha istituito stabilisce che ai fini di tale prestazione si considerano a carico del genitore i figli che risultano nel nucleo familiare ai fini dell’ISEE.

Non bisogna, dunque, guardare alle citate soglie reddituali.

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