Molte sono le novità in arrivo con l’introduzione dell’assegno unico universale dal 1 luglio. La riforma, voluta dal governo Conte per semplificare il welfare delle famiglie con figli rischia però di creare più problemi che benefici.

Come noto nell’assegno unico confluiranno tutta una serie di bonus e agevolazioni per i quali oggi occorre presentare distinta domanda alle amministrazioni. Fra questi, l’assegno unico erogato dai Comuni, il premio alla nascita, il bonus bebè, l’assegno per il nucleo familiare (ANF), e altri ancora.

Detrazioni fiscali e assegno unico

Nell’assegno unico confluiranno, però, anche le detrazioni fiscali. E uno dei punti dolenti della riforma è proprio questo. Essendo la nuova misura di sostegno alle famiglie con figli limitata fino al 21 esimo anno di età dei figli è penalizzante.

Oggi, infatti, le detrazioni Irpef per figli a carico sono riconosciute in base all’età del figlio e al reddito percepito. Più precisamente la detrazione fiscale è stabilita in 950 euro all’anno (1.220 euro per i figli fino a 3 anni) e 400 euro in più per i figli portatori di handicap. Detti soldi spettano se i figli percepiscono redditi inferiori a 4.000 euro fino a 24 anni di età e 2.840,51 se superano i 24 anni.

L’assegno unico, invece, prevede il sostegno economico solo fino al compimento del 21 esimo anno di età del figlio a prescindere dal reddito e solo se studente. Dopo il 21 esimo anno, nessun bonus è più riconosciuto.

Assegno unico penalizzante

Così, l’assegno unico universale, se da un lato semplificherà il welfare delle famiglie con figli, dall’altro sarà penalizzante. Il governo Conte, in realtà ha mascherato con la scusa della semplificazione amministrativa un taglio alle spese familiari. Tant’è che dalla soppressione di questa misura si otterrà un risparmio di 7,8 miliardi di euro.

Vero che mancano ancora i decreti attuativi per regolamentare con precisione l’erogazione dell’assegno unico, ma il disegno di legge già approvato dal parlamento è abbastanza chiaro.

Il maggior onere di questa riforma ricadrà sulle famiglie con figli. Dal 21 esimo anno in poi, infatti, nessun aiuto economico sarà più previsto.

Non solo. A stabilire quanto percepirà una famiglia con figli, sarà l’Isee. L’indicatore economico è obbligatorio per poter accedere all’assegno unico che verrà pagato dall’Inps. Secondo le stime de Il Sole 24 Ore, con un valore Isee fino a 30.000 euro si arriverebbe a percepire 161 euro al mese per un nucleo familiare di tre persone con un figlio minore. Cifra che salirebbe a 97 euro al mese per ciascun figlio maggiorenne fino a 21 anni di età.

250 euro a famiglia?

Come preannunciato dal governo Conte, le famiglie con figli dovrebbero beneficiare fino a 250 euro al mese. Questa sarebbe la misura massima, secondo i criteri di progressività previsti dal riordino del welfare familiare.

In realtà, però, secondo alcune simulazioni effettuate dall’Istat e gruppi di ricerca, ci si accorge che pochissime delle 7,6 milioni di famiglie italiane potenzialmente beneficiarie potranno godere di tale assegno.

Questo importo è riconosciuto solo se in famiglia sono presenti figli disabili per i quali la legge riserva un incremento fino al 50% dell’assegno unico. Per la generalità delle famiglie, invece, tale beneficio si fermerebbe a 161 euro al mese con Isee per nucleo familiare fino a 30.000 euro.

Con Isee superiore a 52 mila euro, poi, non spetterebbe nulla (oggi invece sì). Una fregatura che si spera venga corretta dai decreti attuativi. O al limite che si cerchi di rinviare l’entrata in vigore della riforma a tempi migliori, come chiedono anche i sindacati che già fanno notare come molte famiglie avranno difficoltà a richiedere per tempo il certificato Isee.

Le spese detraibili

Vi sono poi le spese detraibili per i figli a carico.

Posto che dopo i 18 anni (21 se si è studenti) l’assegno unico non esiste più, resta da capire come potranno essere detratte tutte quelle spese che i genitori sostengono per i figli che non lavorano.

Vengono, ad esempio, in mente le spese sanitarie o quelle universitarie. Venendo a mancare il requisito della detrazione Irpef dopo i 21 anni con la riforma, tutte queste spese non troveranno più ambito di detrazione nella dichiarazione dei redditi.

E in un Paese dove la disoccupazione giovanile è al 32% (al Sud si supera il 50%) è un danno enorme al sostegno per le famiglie meno abbienti. Una riforma che rischia di fare più male che bene, alla fine dei conti.