Da quest’anno per andare in pensione con Ape Sociale servono 5 mesi in più sulla carta d’identità. Una riforma che la legge di bilancio 2024 fa passare come quasi inosservata, ma è di fatto più penalizzante di quanto possa sembrare. Non solo per quanto riguarda il ritardo nella liquidazione della rendita rispetto allo scorso anno, ma anche per il conteggio dell’assegno.

Da sapere, che riforme fiscali e previdenziali oggi non si fanno più a tavolino, ma a computer. Basta una sola persona, anzi nemmeno quella, c’è l’intelligenza artificiale.

E’ sufficiente impostare un parametro a valere sulla banca dati nazionale Inps per far saltar fuori tutte le opzioni ideali da valutare adottando i tagli più convenienti. E così è stato con Ape Sociale dove con 5 mesi in più (non 6 e nemmeno 4) dopo i 63 anni di età si potevano ottenere i migliori risultati possibili per il 2024 tenendo conto di tutte le anagrafiche dei potenziali beneficiari.

Ape Sociale con 5 mesi in più di età, come funziona la fregatura

I punti dolenti della riforma sono due. Il primo, conosciuto a tutti, è quello che riguarda il requisito anagrafico che passa da 63 anni a 63 anni e 5 mesi di età. Il secondo riguarda il calcolo della pensione che si base prevalentemente sull’applicazione del coefficiente di trasformazione. Vediamoli entrambi.

Per quanto concerne il primo, è pacifico che il lavoratore debba compiere gli anni entro il 2024 per avere diritto ad Ape Sociale. Sempre che abbia almeno 30 anni di contributi versati o 36 se trattasi di lavoratori usuranti per i quali la legge non ha modificato nulla, se non per edili e ceramisti ai quali sono richiesti solo 32 anni di versamenti obbligatori.

In questo senso è chiaro che dover attendere 5 mesi in più per chi ha già 60 anni al 1 gennaio 2024 significa ritardare l’accesso alla pensione e quindi perdere tempo e denaro che lo Stato opportunamente risparmierà su migliaia di potenziali aventi diritto.

Ma poi c’è il calcolo della rendita che si basa sull’applicazione del relativo coefficiente di trasformazione al montante contributivo di ogni lavoratore.

Come si applica il coefficiente di trasformazione

Ma cosa è esattamente il coefficiente di trasformazione? Si tratta di una percentuale variabile che si applica al montante contributivo per determinare l’importo della pensione al momento della domanda. Varia in base all’età anagrafica: più alta è l’età, maggiore è il coefficiente e di conseguenza la pensione. Così, a parità di contributi, un lavoratore che va in pensione a 67 anni prenderà di più rispetto a un lavoratore che ci va a 66.

Orbene quello che c’è da sapere, in questo contesto, è che questo parametro è abbinato all’età del lavoratore al momento della pensionamento. Ed è su base annuale, non su base mensile, cioè varia solo di anno in anno. Per cui, nel caso del lavoratore che fa richiesta di Ape Sociale dopo aver compiuto l’età richiesta dalla normativa, il coefficiente che sarà applicato sulla parte contributiva del montante sarà del 5,028%. Se il lavoratore avesse 64 anni sarebbe, invece, più alto: 5,184%.

Cosa significa questo? In pratica coloro che intendono uscire quest’anno con Ape Sociale perderanno soldi sul calcolo della pensione perché il coefficiente di trasformazione farà riferimento al valore più basso per una età compresa fra i 63 e 64 anni. Per non rimetterci, rispetto a quanto calcolato lo scorso anno, i lavoratori dovrebbero aspettare il compimento dei 64 anni.

La differenza potrebbe essere poca per chi pensa solo ad andare in pensione il più presto possibile, ma è significativa per lo Stato che è in grado di risparmiare milioni di euro sulle migliaia di lavoratori che accederanno quest’anno ad Ape Sociale.

Riassumendo

  • Per andare in pensione con Ape Sociale da quest’anno servono 63 anni e 5 mesi di età.
  • La penalizzazione cade anche sul sistema di calcolo dell’assegno.
  • Il coefficiente di trasformazione determina l’importo della pensione con Ape Sociale.