Nelle cause di addebito di divorzio molto spesso è il coniuge che tradisce a pagare le conseguenze dell’infedeltà sul piano economico. Se il tradimento viene individuato come causa dell’intollerabilità della prosecuzione della convivenza infatti, il coniuge che tradisce perde il diritto al mantenimento.

Tuttavia le cose potrebbero essere stravolte da una proposta di emendamento lunga appena un rigo ma dalla portata potenzialmente rivoluzionaria. Il disegno di legge, che porta la firma della senatrice Pd Laura Cantini è ora all’esame della Commissione Giustizia di Palazzo Madama: l’obiettivo è la modifica dell’articolo 143, comma secondo, del codice civile che stabilisce un obbligo, a detta dei firmatari, qualificabile come “il retaggio di una visione ormai superata e vetusta del matrimonio, della famiglia e dei doveri e diritti tra coniugi”, legata perlopiù alla fedeltà sessuale della donna volta a garantire la legittimità dei figli (altra distinzione ormai oggi considerata anacronistica).

Addebito divorzio e tradimento: cade l’obbligo di fedeltà coniugale?

Del resto in questo approccio la giurisprudenza è arrivata prima della normativa: la Cassazione ha statuito che “il giudice non può fondare la pronuncia di addebito della separazione sulla mera inosservanza del dovere di fedeltà coniugale” (cfr. Cass. N. 7998/2014).

La riforma delle unioni civili ha già compiuto dei passi avanti sul fronte normativo in questo senso: nella legge Cirinnà è stato eliminato dalla bozza del testo l’obbligo di fedeltà sessuale come requisito di riconoscimento della coppia di fatto. Allo stato dei fatti, come ha fatto notare la Cantini il tradimento sarebbe ammesso per le coppie omosessuali e non per quelle etero sposate. E’ evidente che una delle due deve uniformarsi all’altra. Gassani, presidente Ami, propone la strada contraria, ovvero introdurre l’obbligo di fedeltà anche per le coppie dello stesso sesso, facendo appello alla natura laica di questo principio.

Addebito divorzio, conta anche il tradimento platonico

Ad oggi è innegabile che la posizione in merito resta piuttosto rigida.

Salvo cambiamenti con la proposta in analisi infatti, non solo il coniuge tradito può chiedere i danni morali ma l’addebito sulla carta potrebbe scattare anche in caso di tradimento virtuale. Nell’era di internet e dei flirt digitali, a determinati requisiti (forte sospetto di infedeltà e relazione virtuale in grado di ledere la dignità del coniuge) anche lo scambio di messaggi spinti può far scattare l’addebito per tradimento (in questo senso si è espressa la Cassazione con sentenza 8929/2013). E ci sono perfino alcune limitate ipotesi in cui è stata prevista la possibilità in capo al coniuge tradito di chiedere il risarcimento dei danni all’amante.