I giudici hanno per adesso impedito al presidente Donald Trump di rimuovere Lisa Cook dal board della Federal Reserve (FED), alla vigilia della riunione sui tassi di interesse. La donna avrebbe prodotto documenti falsi per ottenere un mutuo agevolato, ma ad oggi non ha subito alcuna condanna. Dietro alla vicenda si cela il tentativo della Casa Bianca di ottenere una riduzione quanto prima del costo del denaro. Ed è molto probabile che lo otterrà proprio oggi. Lo pensano i mercati, che scontano tale ipotesi al 96%.
Pressione massima su Powell
Il taglio dei tassi arriverebbe nelle prossime ore a distanza di un anno dal primo allentamento monetario della FED dopo la pandemia.
Nel settembre del 2024 il governatore Jerome Powell lo varò dello 0,50%. Gli Stati Uniti erano in piena campagna elettorale. L’allora candidato repubblicano accusò l’istituto di voler favorire l’amministrazione democratica. Malgrado le critiche, sarebbe intervenuto nei due board successivi fino a tagliare i tassi per tre volte e dell’1% in tutto. Sotto pressione da quando Trump è tornato alla Casa Bianca, può finalmente oggi cercare di evitare nuove accuse di gestione fallimentare della banca centrale. Anche se è probabile che un -0,25% non accontenterà affatto il tycoon.
A spingere la FED a tagliare nuovamente i tassi sarebbe essenzialmente la fiducia sulla stabilità dei prezzi al consumo. Si temeva una reazione più immediata delle imprese americane ai dazi di Trump. Ad oggi, li hanno trasferiti solo in parte ai consumatori. Ma c’è da dire che l’inflazione in agosto è salita al 2,9%, ai massimi da gennaio. E il dato “core” è al 3,1%, ben sopra il target del 2%.
Lo stesso Pil è cresciuto del 3,3% annuale nel secondo trimestre, pur dopo un -0,5% nel primo.
Rischio di mossa affrettata
In teoria, la FED non avrebbe alcuna fretta di tagliare i tassi. Anzi, dovrebbe attendere l’evoluzione dell’inflazione nei prossimi mesi, complice un dollaro indebolitosi in media di oltre l’11% dall’inizio dell’anno contro le altre valute mondiali e ai minimi da inizio 2022. Ma la pressione politica si è fatta insostenibile per Powell. Il quale non è stato senza macchia. Il taglio di un anno fa dello 0,50% fu a dir poco avventato. Da allora i rendimenti dei Treasury sono risaliti sul tratto medio-lungo della curva. Il decennale offre +40 punti, il trentennale +70. Il mercato stesso non ha creduto all’allentamento di Atlanta.
Sempre il mercato sconta altri due tagli dei tassi FED entro l’anno. Questi scenderebbero al 3,75% dal 4,50% attuale. Il dollaro è tornato ad indebolirsi su questa prospettiva. Il cambio con l’euro è sceso ai minimi da quattro anni. E dal nostro punto di vista di europei, costituisce un fatto sia positivo che negativo. Riduce il costo dei beni importati, per cui tendenzialmente anche l’inflazione. D’altro canto, rende meno competitive le nostre imprese, già in affanno a causa dei dazi.
Taglio dei tassi FED riducono i rendimenti
La prospettiva di tassi FED più bassi ha compresso nelle ultime sedute i rendimenti a lungo termine.
Non era scontato che accadesse. Come abbiamo visto, questi sono andati per la loro strada nell’ultimo anno. Le banche centrali riescono a influenzare direttamente sui rendimenti a breve termine. Quelli a lungo risentono delle aspettative su inflazione e rischio di credito. Questo trend più recente segnalerebbe che il mercato crede alla legittimità del nuovo taglio. Un beneficio indiretto anche per i debitori sovrani e corporate del Vecchio Continente, che potranno rifinanziarsi a lungo termine a costi minori. Ma l’oro lancia un segnale di allarme: i tassi potrebbero scendere con un’inflazione relativamente elevata, innescando una perdita di fiducia nelle banche centrali.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
