I media occidentali non ne hanno dato risalto, dato il clima vacanziero in cui si sono tenute le elezioni in Bolivia. Il 17 agosto scorso, però, è già diventata una data storica a suo modo per lo stato andino. Si chiude definitivamente la lunga era di Evo Morales e del tentativo di plasmare l’economia secondo i canoni del socialismo. A spuntarla sono stati due candidati dell’opposizione di centro-destra: Rodrigo Paz (32,14%) e Tuto Quiroga (26,81%). Andranno al ballottaggio di ottobre, avendo surclassato gli avversari di sinistra. Eduardo del Castillo si è fermato a poco più del 3% e Andronico Rodriguez all’8,22%. Tirando le somme, il campo progressista nel suo insieme ha beccato appena il 15% dei consensi.
La Bolivia molla i socialisti di Morales
Ed è andata tragicamente in Parlamento, dove i socialisti del MAS sono crollati da 75 ad appena 1 seggio. L’eredità di Morales è stata azzerata. Uno choc politico oltre ogni previsione. Per cercare di capire come sia stato possibile, dobbiamo compiere un passo indietro al 2019. L’allora presidente in carica aveva conquistato il quarto mandato, ma la popolazione si riversò nelle strade per denunciare brogli. Fu costretto alla fuga e l’anno seguente sarebbe stato eletto il delfino Luis Arce. Questi ne consentì il ritorno in patria, salvo prenderne le distanze dopo che il predecessore si era intromesso nelle nomine e nella gestione dell’economia.
Guerra fratricida a sinistra
E’ a questo punto che esplode una guerra a sinistra. La Bolivia viene paralizzata da migliaia di manifestazioni di protesta contro il governo e capeggiate da Morales. La situazione economica, già difficile, si aggrava al punto che Arce rinuncia a presentarsi per un secondo mandato. L’inflazione galoppa sopra il 24% e le riserve valutarie si sono prosciugate a circa 171 milioni di dollari.
Ammontavano a 12,4 miliardi dieci anni fa. E l’origine dei problemi è proprio il lascito di Morales. Questi aveva puntato sullo sfruttamento delle risorse energetiche per finanziare una politica di spesa pubblica in favore dei ceti meno abbienti.
Nel 2006 venne nazionalizzata la compagnia del gas YPFB. Ma la produzione è collassata negli ultimi anni, più che dimezzandosi da una media di 60 milioni di metri cubi al giorno nel 2014-2015 ai 28 milioni attuali. I sotto-investimenti hanno impedito di reggere i livelli passati. E i capitali stranieri restano alla larga dalla Bolivia, anche perché non sono graditi. Morales fissò un cambio fisso di 6,96 bolivianos contro 1 dollaro nel 2011. Al mercato nero, però, il cambio si aggira sui 12-13 bolivianos e alla vigilia delle elezioni era salito a 14-15. Questo significa due cose per la popolazione: hanno un cambio tenuto artificiosamente alto che reprime le loro esportazioni; è per loro più conveniente vendere all’estero, anziché sul mercato domestico.
Verso svalutazione del cambio col nuovo presidente
In effetti, la Bolivia soffre di deficit correnti e commerciali ormai cronici. Nel frattempo, lo stato ha speso nel 2024 circa 2 miliardi di dollari in sussidi per l’energia, oltre il 4% del Pil. Ma il carburante scarseggia e gli automobilisti sono costretti a fare file anche di sei ore per fare benzina. I conti pubblici vanno di male in peggio. Il debito è esploso al 95% del Pil dal 40% del 2015. E il disavanzo fiscale è stato del 7,8% nel 2024. Chiunque vincerà le elezioni, non potrà che aprire ai capitali stranieri come di recente sta facendo l’Argentina di Javier Milei.
Questo implicherà la svalutazione del cambio e l’abbandono dei controlli dei capitali, che tra gli altri impediscono acquisti online sopra i 35 dollari al mese.
Se la politica economica sarà accorta e credibile, la svalutazione potrebbe avere un impatto minimo sull’inflazione. In Argentina non c’è stato il temuto rinfocolamento dei prezzi. Al contrario, la loro crescita mensile è rallentata. Tuttavia, parliamo di un contesto assai diverso. Servirà tagliare i sussidi per rimpinguare le casse dello stato. E questo farà esplodere transitoriamente i prezzi dell’energia per le famiglie. Riuscirà la prossima legislatura ad evitare una spirale debiti-inflazione? Gli investitori stranieri un po’ ci credono, tant’è che i bond in dollari si sono apprezzati dalle elezioni. Nelle ultime sedute hanno ripiegato dai massimi, forse anche per monetizzare i guadagni delle settimane precedenti.
Eredità di Morales tra povertà e corruzione
A parte la grave crisi dell’economia, c’è una percepita corruzione diffusa ad intaccare l’immagine di Morales tra i suoi concittadini. Va riconosciuto che il Pil pro-capite sia quadruplicato rispetto a prima che l’uomo assumesse la presidenza nel gennaio 2006. Allo stesso tempo, la povertà è oggi al 35% per la Banca Mondiale. E la povertà assoluta coinvolge l’11% della popolazione. Le guerre a sinistra hanno contribuito a far sparire il MAS dalla scena politica, ma anche in presenza dell’unità perduta ci sarebbe stato quasi certamente un voto punitivo nei confronti dei candidati socialisti. Il benessere promesso venti anni fa non si è concretizzato. E in tutta l’America Latina soffia un vento di destra dopo anni di trionfi elettorali della sinistra.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

