Per la quinta volta nell’ultimo anno, il Venezuela ha alzato il salario minimo. Lo ha annunciato il presidente Nicolas Maduro, che ha comunicato un aumento del 50% a 40.000 bolivar al mese. La misura, ha spiegato, beneficerà i dipendenti pubblici, le forze armate e i pensionati. Sarà, ma nella terra dei prezzi pazzi, nessuno festeggia all’ultima mossa del governo, che oltre ad essere propagandistica, si rivela anche perfettamente inutile. Secondo il cambio fisso attualmente ancora in vigore per le importazioni di beni primari, il salario minimo varrebbe adesso 4.000 dollari al mese, ma stando al tasso ufficiale di cambio, utilizzato per la quasi totalità delle importazioni, sarebbe di appena 60 dollari.

In realtà, al mercato nero, dove vige il rapporto più attendibile tra dollari e bolivar, avrebbe un valore ancora più insignificante, ovvero di 12 dollari. (Leggi anche: Il Venezuela alza il salario minimo del 30%, ma vale appena 13 dollari)

Se il tasso d’inflazione nel 2016 dovrebbe essere esploso, secondo il Fondo Monetario Internazionale, fino al 720%, per quest’anno le prospettive appaiono ancora più fosche, essendo attesa nel paese sudamericano una crescita tendenziale dei prezzi del 1.600%.

Caos economico e violenza alle stelle

Naturale, che il +50% varato per il salario minimo non abbia alcun senso e che nessuno si sia felicitato della misura. L’economia venezuelana, già nel caos da tempo, adesso vive da settimane una sorta di paralisi, a causa del ritiro dalla circolazione delle banconote da 100 bolivar, quelle dal taglio più alto (appena 3-4 centesimi di dollaro) e pari a 48% dell’intero contante nel paese. C’è tempo fino al 20 gennaio per portare in banca le 6 miliardi di banconote ormai fuori corso, ma l’impossibilità per la banca centrale di sostituirle tempestivamente con altre di nuova emissione (non ci sono soldi per stampare denaro in patria e bisogna commissionarle all’estero) ha provocato una paradossale crisi di liquidità in un’economia, che di liquidità, in realtà, ne ha persino troppa.

(Leggi anche: Venezuela, banconote 100 bolivar valide al 2 gennaio)

Si spiegano anche così le cifre terribili dell’Osservatorio del Venezuela sulla Violenza, secondo cui nel 2016 ci sono stati nel paese andino 27.875 omicidi, pari a 91,8 ogni 100.000 abitanti, il secondo tasso più alto al mondo dopo El Salvador e scavalcando così l’Honduras. Nel 2015, il tasso era di 82.

 

 

 

 

Violenza e crisi vanno a braccetto

A titolo di confronto, si pensi che in Italia, dove ci raccontiamo spesso una realtà più violenta di quello che è, si registra meno di un omicidio ogni 100.000 abitanti, cifre persino migliori della tanto invidiata Scandinavia. Dunque, il Venezuela è più violenta del nostro paese di oltre 90 volte.

Che l’esplosione della violenza sia legata al forte deterioramento delle condizioni di vita dei cittadini sembra quasi scontato. Non si trova cibo sugli scaffali dei negozi e chi ha la fortuna di trovare ciò che cerca deve portarsi dietro intere valigie di denaro per fare acquisti, dopo avere atteso per ore davanti all’ingresso per fare la fila, occasione sempre più di scontro tra venezuelani stanchi ed esausti di una situazione senza alcun miglioramento in vista. (Leggi anche: Emergenza Venezuela, mortalità infantile più alta che in Siria)