Prendete un bicchiere d’acqua zuccherata, di quelli che vengono preparati in neanche due minuti quando si aggiunge un limone per fare scena, e mettetelo tra le mani dei ciarlatani 5.0 (in omaggio del 5G, che non c’entra però nulla con l’articolo), abitanti delle nuove piazze di mercato sociali (alias le pagine Facebook, rigorosamente private). Il risultato è vecchio quanto la carta d’identità degli imbonitori: truffa. E visto che siamo all’alba del 2020, aggiungiamoci l’aggettivo online. A parlare dell’ultimo caso di sistema truffaldino basato sul Multi-level marketing è Il Sole 24 Ore, nell’articolo a cura di Ivan Cimmarusti.

La piramide del Multi-level marketing

A vertice c’è l’azienda, come è normale che sia, così come è pacifico che alla base ci sia la massa (i clienti). Il problema sta nella modalità di vendita, che quasi fa passare in secondo piano la natura stessa del prodotto. In un mercato normale, la società che vende il prodotto provvede anche alla pubblicità della merce in oggetto. Nel sistema basato sul Multi-level marketing, invece, il compito della pubblicità viene svolta dai clienti finali stessi, ingolositi dalla promessa di guadagni facili grazie a una ricompensa destinata alle persone che riescono a convincere altri utenti ad acquistare il prodotto.

Questo significa che il messaggio pubblicitario, di fatto, non esiste o perlomeno non come quello che oggi noi conosciamo grazie alla televisione e a Internet. A farsi carico della pubblicità del prodotto sono appunto quegli imbonitori 5.0 citati all’inizio, assoldati da finti compratori soddisfatti, che in realtà non hanno mai acquistato la merce e sono legati alla stessa società. L’ultima catena è rappresentata dalle persone che credono alle narrazioni miracolose su quella che potrebbe essere una semplice acqua di rubinetto, spacciata invece come elisir di lunga vita.

Se prima c’era la televisione, oggi la truffa corre online sui social, più precisamente nelle pagine private Facebook, dove gli utenti accedono solo per invito.

All’interno di queste pagine la logica del cashback (per la quale i consumatori sono invogliati a descrivere false recensioni del prodotto perché allettati da importanti incentivi) viene esasperata da racconti di storie fuori dall’ordinario, a cui gli utenti tendono però a credere molto più che a qualsiasi pubblicità in televisione, per via della persona “normale” dietro al racconto e del luogo. Peccato sia una truffa, l’ennesima.

Scrivete a: [email protected]

Leggi anche: L’indagine sulla truffa dei diamanti, anche Vasco Rossi tra i truffati: ecco come funzionava