Scatta da oggi (ma il decreto del 4 febbraio proroga la comunicazione all’Agenzia delle Entrate fino al 17 del mese) la norma voluta dal governo a gennaio per porre fine alla cessione del credito multipla in relazione al Superbonus 110. I contratti firmati fino a oggi tra proprietari degli immobili e imprese edili per la realizzazione dei lavori potranno prevedere una doppia cessione del credito, mentre per tutti gli altri ve ne potrà essere soltanto una. Tutti i partiti, di maggioranza e opposizione, sono in subbuglio e chiedono all’esecutivo di rivedere la norma, la quale rischia di paralizzare il comparto delle costruzioni e di rendere poco efficace il Superbonus 110 per l’economia italiana.

Le associazioni di categoria denunciano migliaia di cantieri fermi a causa della riforma.

Nella sostanza, cosa potrà accadere da oggi? La cessione del credito è quel meccanismo che consente a una ditta che ha praticato lo sconto in fattura di monetizzare subito il credito d’imposta nei confronti dello stato. Come? Cedendolo a terzi, quasi sempre una banca o una grossa azienda. Queste a loro volta possono optare per compensare tale credito fiscale nei cinque anni previsti dalla legge o, in alternativa, cederlo ad altri per monetizzarlo subito. E via di seguito.

Grazie alla cessione del credito multipla, le banche non si sono fatte problemi ad accollarsi i crediti d’imposta delle imprese legati al Superbonus 110. E questo meccanismo ha permesso l’avvio di migliaia di cantieri in tutta Italia. Tuttavia, le autorità giudiziarie hanno scoperto numerose frodi per un giro d’affari miliardario. Da qui la decisione del governo di imporre una stretta per vigilare sui passaggi dei crediti e renderli più tracciabili. Nei fatti, si sta buttando il bambino con l’acqua sporca.

Stop a cessione del credito multipla, lavori fermi

In effetti, sta già accadendo da settimane che molte ditte abbiano fermato i lavori o non li abbiano avviati affatto, in quanto temono di non riuscire più a monetizzare i crediti fiscali.

Il segnale lanciato da Cassa depositi e prestiti e Poste Italiane – entrambe società controllate dallo stato – è stato devastante: rubinetti della liquidità chiusi senza preavviso e, addirittura, nel caso di Poste a distanza di pochi giorni dal lancio di un prodotto proprio connesso alla cessione del credito.

Molte banche stesse hanno smesso di accollarsi i crediti, in quanto hanno raggiunto la capienza fiscale e non sarebbero capaci di compensare le eccedenze nel corso dello stesso esercizio. Il ruolo delle grandi banche diventerà essenziale: avendo molte esposizioni fiscali verso lo stato, sono le uniche a potersi accollare molti crediti. Senza di esse, il Superbonus 110 rischierebbe di svanire per il semplice fatto che lo sconto in fattura non lo praticherebbe più alcuna impresa. Ed è questo meccanismo ad avere fatto la fortuna dell’incentivo.

I tecnici del Senato stimano che la norma contraria alla cessione del credito multipla avrebbe effetti depressivi sul gettito fiscale che lo stato ha iscritto nei bilanci di previsione a copertura proprio del Superbonus 110. Un atto masochistico, insomma, che unitamente alle proteste vivaci del comparto dovrebbe spingere la maggioranza a prendere coraggio e a rivedere in Parlamento la stretta. Nessuno nega che servano maggiori controlli contro le frodi, ma tutti sembrano convinti che il modo per realizzarla non sia di bloccare i lavori. La norma è così insensata che le famiglie dovrebbero confidare in un suo aggiustamento a breve.

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