Questa settimana è stata positiva per il governo Meloni, anzi per il sistema Italia. L’Eurostat ha certificato l’ingresso dell’Area Euro nella recessione tecnica, mentre l’economia italiana è cresciuta più delle altre e le previsioni di crescita degli organismi internazionali sono state riviste al rialzo per quest’anno e il prossimo. Ma, soprattutto, c’è stata l’inattesa corsa alle sottoscrizioni del BTp Valore. 18,19 miliardi di euro raccolti, a fronte dei 5 preventivati dal Tesoro. E’ stato battuto ogni record passato circa gli investimenti da parte del canale retail, cioè le famiglie.

Forse è pleonastico aggiungere che si sia trattato di un segnale di fiducia verso il governo di centro-destra.

Corsa al BTp Valore da record

Vi ricordate l’emissione del BTp Italia nel novembre del 2018? Le sottoscrizioni da parte degli investitori individuali si fermarono a poco più di 860 milioni di euro. Il flop fu sotto gli occhi di tutti e non casuale. Avvenne nelle settimane di estrema tensione tra Roma e Bruxelles sulla richiesta della prima di alzare il deficit-obiettivo per l’anno successivo. Al governo c’era il premier Giuseppe Conte, retto dall’allora maggioranza “giallo-verde” formata da Movimento 5 Stelle e Lega.

Giustamente, si disse allora che il governo Conte fosse stato punito dai risparmiatori. Un anno e mezzo più tardi, però, lo stesso Conte era a capo del suo secondo governo, stavolta “giallo-rosso” e formato sempre da Movimento 5 Stelle più il Partito Democratico. Questi aveva rimpiazzato il Carroccio. Era il maggio del 2020, la pandemia era arrivata tre mesi prima in Italia e c’era stato il lungo e drastico “lockdown”. Il Tesoro emise il BTp Italia 2025, attirando ordini dalle sole famiglie per 14 miliardi. Questo dato è rimasto un record fino al mercoledì scorso.

Le famiglie avevano accolto con favore un titolo che le proteggesse da futuri rischi d’inflazione. C’era smarrimento per quanto accaduto e nessuno capiva perfettamente cosa lo avrebbe atteso nei mesi successivi.

Anche allora l’azione del governo ne usciva rafforzata. Peccato che quella fiducia accordatagli fu dispersa già in estate, quando Conte s’immaginò già di essere un Winston Churchill in versione pugliese. Si perse tempo prezioso ad organizzare Stati Generali, a polemizzare con gli avversari e scatenare campagne mediatiche contro presunti untori.

Fiducia governo Meloni su cambio politica economica

La fiducia ad un governo non è mai un assegno firmato in bianco, bensì un credito che chi la accorda vanta. A cos’è dovuta in questo caso? Malgrado il debutto in una delle condizioni peggiori possibili, il governo Meloni si è mosso bene nei suoi primi mesi di vita. Le relazioni internazionali sono buone con tutte le cancellerie, ad eccezione parziale della Francia. La politica fiscale è stata gestita all’insegna della prudenza. I conti pubblici migliorano, così come l’andamento dell’economia. L’occupazione continua a crescere e si respira tra gli imprenditori un cauto ottimismo sul futuro.

La premier Giorgia Meloni non ha temuto l’impopolarità quando ha annunciato una stretta sui sussidi, al fine di concentrare le risorse sul sostegno alla crescita economica. Via il Superbonus 110, il taglio delle accise e riforma del reddito di cittadinanza. In cambio, irrobustimento del taglio del cuneo fiscale e riforma IRPEF allo studio per ridurre la tassazione sui redditi delle persone fisiche. Più lavoro e meno assistenza, volendo riassumere la politica economica dell’esecutivo. Una svolta apparentemente condivisa dalla maggioranza degli italiani. La corsa ad investire nel BTp Valore è un segnale di fiducia verso il governo. Se non fosse così, in pochi vorrebbero comprare i titoli del debito pubblico emesso da un soggetto percepito irresponsabile o inconcludente.

Chiaramente, l’umore degli investitori-elettori potrà benissimo cambiare. Ecco perché per il governo Meloni si è aperta una finestra temporale di opportunità, durante la quale dovrà mettere in pratica i propositi.

Più solido il sostegno delle famiglie ai BTp e migliore sarà la percezione anche all’estero sul nostro debito pubblico. Tutto ciò avrebbe riflessi sui rating assegnati dalle agenzie internazionali. Essi dipendono anche dai rendimenti spuntati dai bond sul mercato, a loro volta riflesso degli umori degli investitori. Il fatto che in patria il debito pubblico riscuota crescente interesse, non può passare inosservato agli occhi di S&P, Fitch e Moody’s, nonché dei capitali esteri.

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