Il divario di genere tra uomini e donne, se si parla di ricchezza, è ancora consistente. A dirlo l’Occasional paper Gender wealth gap in Italy di Giovanni D’Alessio, del servizio studi Banca d’Italia, il quale ha rilevato come la ricchezza individuale netta degli uomini è ancora superiore al 25% rispetto a quella delle donne. Una differenza sostanziale se si prende come esempio altri paesi europei in cui la percentuale è praticamente dimezzata. L’Italia, dunque, è ancora un paese dove la ricchezza sembra a favore dell’uomo.

Uomini contro donne, chi è più ricco

E’ il caso di dirlo; è ancora uomini contro donne per quanto riguarda la ricchezza individuale, un divario che aumenta nella coppia (50%) e che cresce dopo i 40 anni di età. Il 25% citato sopra, addirittura, sale parlando di attività finanziarie (35%) mentre diminuisce per gli immobili (15%). La disuguaglianza di genere, soprattutto nel nostro paese, è ancora un problema rilevante, ha origine nello squilibrio del reddito, dunque lo stipendio differenziato basato sul genere, ma bisogna anche considerare il titolo di studio e il tipo di occupazione. Le donne sono ancora un passo indietro e se nel settore distribuzione degli immobili la percentuale sembra un pò più bassa, il divario generale cresce nelle coppie conviventi e sposate, dove l’uomo possiede una ricchezza maggiore del 40% rispetto alle donne. L’uomo è più ricco della donna del 43,1%, i valori tendono ad essere diversamente interpretati in base ai quintili. Tra i più poveri il 73,7% delle coppie vede lei e lui sullo stesso livello mentre tra le coppie benestanti nel 56,8% dei casi è l’uomo ad essere più ricco e le situazioni di parità sono solo al 17,7%.

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Le cause

Come già accennato le cause di questa disparità per la ricchezza è da imputare sicuramente alle differenze tra titolo di studio, occupazione e reddito, senza considerare che il tasso di occupazione femminile in Italia è del 49%, le donne che lavorano hanno perlopiù contratti part time, lavorando meno guadagnano anche meno.

Il discorso può benissimo essere riallacciato a quello delle donne costrette ad abbandonare il posto di lavoro a causa delle difficoltà a gestire i figli e gli impegni familiari senza una politica in grado di offrire quelle pari opportunità che all’estero sono ormai una consuetudine.

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