Domani, l’assemblea di Lega di Serie A dovrebbe approvare una riforma delle partite settimanali, che completerebbe definitivamente la rivoluzione del calcio italiano iniziata anni fa. Gli slot degli orari per disputare e seguire gli incontri saliranno da 8 a 10. Finora, le partite di Serie A si sono giocate ai seguenti orari:

  • sabato ore 15.00
  • sabato ore 18.00
  • sabato ore 20.45
  • domenica ore 12.30
  • domenica ore 15.00 (tre gare)
  • domenica ore 18.00
  • domenica ore 20.45
  • lunedì ore 20.45

Se approvati, i nuovi orari sarebbero i seguenti:

  • sabato ore 14.30
  • sabato ore 16.30
  • sabato ore 18.30
  • sabato ore 20.45
  • domenica ore 12.30
  • domenica ore 14.30
  • domenica ore 16.30
  • domenica ore 18.30
  • domenica ore 20.45
  • lunedì ore 20.45

Partite di Serie A, le ragioni della riforma

Con questa riforma, si consentirebbe ai tifosi di seguire ogni partita.

Sarebbe eliminata del tutto la contemporaneità tra più gare, un fatto che nella storia del calcio italiano è accaduto solamente alla 23-esima giornata dell’ultimo campionato. In quell’occasione, le gare iniziarono alle 18.30 di venerdì e si conclusero con il match delle 20.45 del lunedì successivo.

Dieci partite di Serie A da giocarsi in altrettanti orari differenti. Ciascuna squadra godrebbe della massima visibilità e così anche gli sponsor. In teoria, la rivoluzione porterebbe qualche spicciolo in più nelle casse delle società, che escono da un biennio a dir poco devastante per le loro finanze. E un’altra conseguenza desiderabile per DAZN sarebbe di sfoltire il traffico, spalmandolo lungo 10 partite. Da contratto, dovrebbe gli slot per il triennio 2021/2024 dovrebbero essere 7. Ma già a partire dalla stagione 2018 sono saliti a 8.

In sostanza, vi sarebbe una fascia oraria in più di sabato e una di domenica. In particolare, proprio il sabato sarebbe consacrato alle partite di squadre che nella settimana successiva dovranno giocare in Champions League. Insomma, una soluzione che offrirebbe apparenti vantaggi a tutti, tifosi compresi.

Calcio in crisi

La Serie A ha bisogno di una scossa. Per il triennio prossimo, incasserà complessivamente dai diritti TV 927,5 milioni di euro a stagione, meno dei 970 milioni battuti all’asta precedente.

Tuttavia, quest’anno scade il contratto con l’advisor Infront, a cui la Lega ha dovuto sinora riconoscere 55 milioni a stagione. Venuto meno tale compenso, gli incassi saliranno di una dozzina di milioni. Poca roba, specie se teniamo conto che gli obiettivi fossero ben più alti. Si puntava a superare nettamente la soglia del miliardo.

In particolare, 840 milioni sono stati offerti da DAZN, che potrà così trasmettere 7 partite su 10 in esclusiva e le restanti 3 in co-esclusiva con Sky. Quest’ultima si è aggiudicata solamente le 3 partite in co-esclusiva al prezzo di 87,5 milioni. Il prodotto calcio, insomma, non tira più come un tempo. Complice la pandemia, le offerte sono risultate inferiori alle attese e le società sono costrette a tagliare i costi. L’Inter di Zhang punta a chiudere il calciomercato estivo con incassi netti per 100 milioni. Il Milan non ha inseguito il suo ormai ex pupillo Gigio Donnarumma sul rinnovo contrattuale, mentre la Juventus potrebbe persino decidere di vendere Cristiano Ronaldo con un anno di anticipo rispetto al termine del contratto, così da realizzare qualche plusvalenza e avviare quel progetto di rinnovamento di cui ha bisogno per continuare a crescere in Europa.

La Superlega è stata bocciata senza appello da tifosi, media, UEFA, governi e squadre escluse. Il progetto è stato bollato come contrario ai valori sportivi e alla meritocrazia, figlio di una visione elitaria del calcio europeo. Eppure, i problemi sul tavolo rimangono e senza una riforma in tempi stretti e pregnante delle competizioni europee rischiano di saltare in aria anche i conti dei club più grandi e sinora più ricchi. Nel frattempo, serve vendere il prodotto calcio nel modo più appetibile possibile.

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