Alla fine del 2021, l’Italia aveva un debito pubblico di quasi 2.680 miliardi di euro, qualcosa come circa il 150% del suo PIL. Un’enormità! Ma il nostro è un Paese ricco, non solo nel settore privato. La Banca d’Italia possiede riserve di oro per 2.451,8 tonnellate, le terze più alte al mondo dopo quelle di USA (8.133,5) e Germania (3.381), escludendo dal computo i lingotti del Fondo Monetario Internazionale.

Usare l’oro per ridurre il debito pubblico è una discussione vecchia, che non ha mai portato da nessuna parte.

E la ragione è semplice: per quanto oro possa possedere una banca centrale, nessuna di essa risulta in grado di alleviare i debiti dello stato, ammesso che possa e voglia farlo. Tutto l’oro di Bankitalia, ad esempio, alle quotazioni attuali vale poco meno di 130 miliardi di euro, neppure il 5% dello stock del debito.

Se questo è vero, ci sono altre considerazioni da fare. Bankitalia detiene attualmente circa 600 miliardi di euro di titoli di stato, acquistati nell’ambito dei due programmi monetari attuati dalla BCE: “quantitative easing” e PEPP. Il peso dell’oro su questi 600 miliardi inizia a farsi più elevato, incidendo per oltre un quinto. Inoltre, il Prof di Economia internazionale all’Università di Torino, Mario Deaglio, qualche anno fa spiegò che l’oro di Bankitalia è iscritto a bilancio al costo medio di 45 dollari l’oncia, quando attualmente le quotazioni si aggirano intorno ai 1.875 dollari.

Oro Bankitalia, limiti legali

In altre parole, rivalutando l’oro Bankitalia aumenterebbe oggi la sua massa attiva di circa 125 miliardi. Un valore, che potrebbe utilizzare per abbattere parte del debito pubblico iscritto tra i suoi crediti. Formalmente, le linee guida della BCE vietano un simile trattamento contabile. Secondo l’art.15, le rivalutazioni dell’oro non possono essere usate a compensazione di perdite valutarie o derivanti da titoli finanziari. Ma le regole possono sempre essere cambiate.

Chiaramente, una simile operazione sarebbe possibile solo al livello di Eurozona e non di singolo stato. Al di là dei problemi giuridici, infatti, i mercati reagirebbero malissimo a una mossa solitaria, che sarebbe percepita come frutto della disperazione.

Ma abbiamo detto che l’oro delle banche centrali risulterebbe insufficiente per coprire i debiti degli stati. Questo è vero solo in apparenza. Immaginate che la BCE inizi a stampare tanti euro per comprare oro. Cosa succederebbe? Il prezzo del metallo salirebbe sempre più e, a quel punto, le riserve le banche centrali dell’Eurozona aumenterebbero drasticamente di valore. Per ipotesi, se l’operazione fosse in grado di quintuplicare il prezzo aureo, Bankitalia avrebbe tra gli attivi circa 650 miliardi di euro da destinare all’abbattimento del debito pubblico.

E’ evidente che una simile politica presenti elevati rischi, principalmente l’inflazione. Ma in questi anni abbiamo assistito a stamperie non certo marginali e la stabilità dei prezzi non è venuta meno, essendo la liquidità rimasta confinata al circuito finanziario. Stavolta, si sposterebbe a favore del mercato aureo. Non solo: una volta che l’oro sarà esploso di prezzo, tutti gli euro in circolazione sarebbero sufficientemente coperti da esso. L’Eurozona potrebbe tornare a un modello di “gold standard”, garantendo per la sua futura stabilità monetaria. E i suoi stati avrebbero cancellato almeno tutti i debiti accumulati con la pandemia. Probabile che questo discorso rimanga semplicemente una fantasia, ma non siamone così certi.

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