Il Decreto “Rilancio” è stato finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale e dobbiamo tutti sperare che serva almeno a frenare la caduta in corso del pil italiano, anche se l’assenza di misure strutturali a sostegno della “ricostruzione” post-Coronavirus non lascia granché sperare. La nostra economia rischia di collassare a doppia cifra e il debito pubblico di esplodere fin sopra il 160%. Tra 80 miliardi di provvedimenti di spesa extra già messi in campo dal governo e riduzione attesa del gettito fiscale, il deficit per quest’anno dovrebbe salire in area 10% o forse più, quando già in tutto il 2020 vi erano in programma emissioni di titoli di stato per 370 miliardi di euro solamente per rimborsare i debiti in scadenza.

Come il debito pubblico continua a restare sostenibile grazie alla BCE

A sostenere il fabbisogno finanziario degli stati dell’Eurozona ci sta pensando indirettamente la BCE, che tra “quantitative easing” ordinario, acquisti extra e il PEPP varato per contrastare l’emergenza pandemia, nei 12 mesi rastrellerà sul mercato assets per un totale di oltre 1.100 miliardi di euro. E probabilmente tale importo verrà innalzato di altri 500 miliardi, forse già a giugno, come ha lasciato intendere negli ultimi giorni il capo-economista dell’istituto, Philip Lane. Peccato, però, che sul piano fiscale non stiano arrivando novità positive da Bruxelles, dove avanza l’ipotesi di istituire un cosiddetto “Recovery Fund” da 500 o 1.000 miliardi, ma a partire dall’anno prossimo e probabilmente spalmato sui 7 anni del bilancio comunitario.

Il problema dell’Italia è che le emissioni nette stimate di debito verrebbero pure coperte dalla BCE, ma nel frattempo gli investitori esteri se la stanno dando a gambe dal nostro mercato. A marzo, sappiamo che i saldi del Target 2 di Bankitalia hanno segnalato deflussi di capitali per oltre 107 miliardi, mai così tanti in un solo mese. E dalla bilancia dei pagamenti sono emerse vendite record di BTp per 51,5 miliardi.

Questo significa che quasi un euro su due uscito fuori dall’Italia a marzo sia da ricondurre alla fuga dal debito pubblico. Ma questo vuol dire anche che non possiamo più confidare che gli obbligazionisti rinnovino automaticamente i titoli in scadenza, cioè non possiamo più dare per certa la domanda per i BTp da rimpiazzare con altri, a meno che gli investitori stranieri vengano perfettamente sostituiti da quelli domestici.

Occhi puntati sulla ripresa estiva

E’ vero che a marzo si ebbe l’apice delle tensioni finanziarie globali e non vi era nemmeno certezza che la BCE sarebbe stata in grado di intervenire a favore degli stati. Tuttavia, il rapido deterioramento dei conti pubblici da un lato e le enormi difficoltà politiche del governo Conte in questa fase non lasciano sperare in nulla di positivo sul clima imperante tra gli investitori nei prossimi mesi. Sarà anche per questo che la BCE ha varato PELTRO, il programma di aste a più lungo termine, con cui iniettare liquidità alle banche commerciali dell’area senza vincoli di destinazione e a tassi negativi del -0,25%, stando alle condizioni attuali. Con questo denaro, Francoforte incentiverebbe gli istituti ad assorbire le crescenti emissioni di debito pubblico.

Peltro sosterrà i BTp e restringerà lo spread

Basterà per l’Italia a compensare eventuali nuovi deflussi finanziari? Nei prossimi mesi, il banco di prova sarà determinato dalla capacità dell’economia di iniziare a recuperare le forti perdite accusate nei primi due trimestri dell’anno. Le agenzie di rating verificheranno se il rimbalzo atteso del pil nel nostro Paese sarà tale da prefigurare una ridiscesa del rapporto debito/pil entro pochi anni, altrimenti declasseranno i BTp e con il serio rischio di abbassarne il giudizio a “junk” o “spazzatura”, alimentando le vendite già copiose all’estero.

Tutto questo, con la concreta prospettiva che dopo l’estate, in particolare, una seconda ondata di contagi, non esclusa dai virologi per primi, imponga al governo di varare un nuovo “lockdown”. Sarebbe come colpire a pugni un malato ricoverato in terapia intensiva.

Rischio tensioni finanziarie e sociali

E a differenza di questi mesi, non vi sarebbero più nemmeno margini fiscali a cui attingere con tutta la volontà di questo mondo per sostenere famiglie e imprese. Il problema si porrebbe anche nel resto del mondo, ma in paesi già ultra-indebitati come l’Italia più che altrove, dove monterebbero le proteste sociali che già iniziano a levarsi dopo due mesi di mancato fatturato e reddito. La discesa del pil sarebbe inarrestabile, non più frenata da bonus e interventi a pioggia per le categorie; tutto questo mentre il governo dovrebbe redigere una legge di Stabilità per il 2021, che per quanto non possa ancora essere improntata all’austerità fiscale, nemmeno potrà proseguire sulla strada del deficit, altrimenti perderemmo all’istante e definitivamente la fiducia degli investitori. Tenete conto che per fine anno, le stime vedrebbero un debito a 2.600 miliardi e un pil a 1.600 miliardi.

L’emissione del BTp Italia ha confermato che il mercato domestico possiede capitali disponibili da investire anche nel debito pubblico, ma a patto che questi vengano remunerati a tassi fuori mercato e, comunque, non si è registrata alcuna corsa a donare l’oro alla patria. Per concludere, non sono ammessi errori di alcun tipo sul piano politico che indispongano ulteriormente gli investitori, perché a differenza di quanto speriamo, nella gravosa gestione dei conti pubblici siamo rimasti soli, coadiuvati solamente dalla BCE, che di per sé non potrà neutralizzare gli effetti rialzisti sui rendimenti legati alla fuga dei capitali. In effetti, ieri lo spread ha smesso di scendere, metabolizzando il semi-flop dell’accordo franco-tedesco sul “Recovery Fund”.

L’illusione dell’Italia di non fare i conti con il debito pubblico s’infrangerà a settembre

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