Mancano pochi giorni al primo rialzo dei tassi BCE. La svolta monetaria sarà annunciata al board del 21 luglio e segna una cesura dopo undici anni di allentamento monetario. Una mossa obbligata per Francoforte, alle prese con livelli d’inflazione abnormemente superiori al target del 2%. Eppure, l’appuntamento tra poco più di due settimane rischia di rivelarsi l’ennesimo flop sul piano fattuale e comunicativo. Stando alle dichiarazioni del governatore Christine Lagarde, vi sarà un aumento del costo del denaro dello 0,25%.

I tassi sui depositi delle banche saliranno così al -0,25%. A tutti gli effetti, un sollecito all’inflazione di questi tempi.

Il punto è che la BCE si è legata troppo le mani con la “forward guidance” prima e al board di giugno dopo. Avrebbe potuto alzare i tassi durante il mese scorso, ma prima doveva cessare gli acquisti di asset con il “quantitative easing”. Lo promette da anni con la sua guida ufficiale. E a giugno Lagarde ha promesso un rialzo dei tassi BCE a luglio di un quarto di punto percentuale, aprendo a una stretta più decisa solamente da settembre, sempre che ve ne saranno le condizioni.

Inflazione alta, tassi BCE ancora negativi

Ma l’inflazione galoppa e questi minimi ritocchi appaiono ridicoli. Rischiamo di ritrovarci tra pochi mesi con prezzi al consumo sempre alle stelle e un’economia in recessione, in parte causata dalla ridotta capacità di consumo delle famiglie. E il peggio che possa accadere sarebbe proprio affrontare una crisi economica senza alcuno strumento per contrastarla. Per non parlare del famoso scudo anti-spread allo studio e di cui stanno emergendo sempre maggiori dettagli tecnici. Tutto sembra, tranne che un piano capace di sventare sul nascere un qualche attacco speculativo contro i titoli di stato del Sud Europa.

L’attendismo di questi mesi si sta rivelando fatale per la BCE.

La Federal Reserve, che a sua volta ha preso atto della necessità di combattere l’inflazione con molti mesi di ritardo, ha iniziato ad alzare i tassi a marzo. Anche il suo primo rialzo fu dello 0,25%, ma seguito dallo 0,50% ad aprile e dallo 0,75% a giugno. A luglio ve ne sarà con ogni probabilità un altro dello 0,75%. Entro questo mese, il costo del denaro negli USA salirà al 2,50%. Nell’Eurozona sarà al -0,25%. E così, fino al marzo scorso i tassi BCE erano dello 0,75% più bassi dei tassi FED, tra poche settimane la differenza sarà esplosa al 2,75%. Non sta facendo bene al cambio euro-dollaro, che sta riportandosi non a caso ai livelli prossimi ai record minimi degli ultimi venti anni. E l’euro debole accentua l’inflazione importata, rendendo ancora più difficile il compito di Francoforte.

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