Si parla spesso di lavoro e di robot, di come la tecnologia cambierà il mondo del lavoro, forse in bene, forse in peggio, dipende dai punti di vista e da ciò che si analizza. Ma non sono solo i robot a cambiare il mercato del lavoro, anche la più semplice tecnologia può farlo.

Anche la tecnologia da uno scossone al mercato

Si pensa spesso che saranno i robot a dare una svolta al lavoro, togliendo molte posizioni ridondanti che diventeranno automatizzate e dando spazio ad altre innovative, per cui servirà certamente puntare alla formazione.

La realtà però è che già ad oggi, non serve quindi guardare ai prossimi anni, già un device o un software aziendale possono di fatto stravolgere le mansioni nelle aziende. Secondo l’Eurostat, nel 2018 il 16% dei lavoratori dipendenti che lavorano utilizzando il web hanno visto modificarsi le mansioni grazie ad un software o un nuovo macchinario. In particolare, è la Norvegia il paese in cui questo cambiamento è risultato molto più importante, molto meno a Cipro. Il potere della tecnologia sulle mansioni ha riguardato anche il nostro paese. Il 12% dei dipendenti che utilizzano internet si sono visti cambiare le mansioni dopo l’arrivo di una nuova apparecchiatura. La stessa cosa è accaduta in Belgio, Repubblica Ceca, Lituania e Slovacchia, che hanno segnato la stessa percentuale italiana.

I lavoratori non temono il cambiamento

Nonostante tutto, sembra che i lavoratori non hanno paura dell’intelligenza artificiale, il 54% pensa addirittura che potrebbe avere un impatto positivo e una percentuale importante non sembra affatto convinta che alla fine i robot andranno davvero a sostituire le mansioni lavorative. A dirlo il Rapporto 2018 Aidp-LabLaw a cura di Doxa su ‘Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia’. C’è comunque una certa paura quando si parla di figure che saranno sostituite, il timore è che a rimetterci saranno i meno scolarizzati e chi fa un lavoro poco qualificato, facilmente sostituibile dalle macchine.

Secondo la ricerca in oggetto, i lavoratori di aziende robotizzate pensano che l’intelligenza artificiale potrebbe avere addirittura una conseguenza positiva per il lavoro come la sicurezza nei luoghi di lavoro, gli orari e le condizioni e i carichi di lavoro. Si teme, invece, per le retribuzioni e le opportunità di carriera. Secondo Isabella Covili Faggioli, presidente Aidp, “I risultati della ricerca fanno capire che la digitalizzazione non è mai solo una questione tecnologica ma strategica. C’è sempre più la consapevolezza che a nulla serviranno le tecnologie se non ci riappropriamo del pensiero, che nulla succede se le persone non lo fanno accadere e che sono le persone che fanno la differenza”.

Secondo Francesco Rotondi, co-founder LabLaw, invece “Gli impatti che si percepiscono in termini di occupazione non sono legati tanto alla perdita di posti di lavoro in quanto tali, non si tratterà di perdita di posti di lavoro ma di trasformazione, nel senso che non tutte le mansioni connesse a questi posti di lavoro colpiti potranno essere delegate ai robot. Il lavoro, in sostanza, ci sarà, ma dovremo essere in grado di gestire la trasformazione, di favorire percorsi fondati sull’acquisizione delle competenze necessarie a continuare ad essere parte di un mercato del lavoro che, come in passato, si adeguerà alla rivoluzione tecnologica in corso. Questo aspetto sembra ben presente nella percezione dei lavoratori e la partita si sposta sul piano delle relazioni industriali. Per salvare il lavoro, i sindacati dovranno trattare sempre di più il tema della qualificazione professionale, che sarà centrale per tutti”.

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