Le sanzioni contro la Russia hanno privato la sua banca centrale di quasi metà delle riserve valutarie, qualcosa come 300 su 643 miliardi di dollari risultanti dai dati ufficiali prima dell’invasione dell’Ucraina. Di queste, una parte consistente è oro. Mosca dispone di 2.298,53 tonnellate del metallo prezioso, equivalenti alle quotazioni attuali a oltre 140 miliardi di dollari.

L’Occidente aveva previsto che la Russia avrebbe iniziato a vendere le riserve di oro per disperazione, ovvero non riuscendo ad accedere alla quantità sufficiente di valuta straniera (dollari, euro, ecc.) per sostenere il tasso di cambio e le relazioni commerciali con il resto del mondo.

In effetti, la Banca di Russia annunciava alla fine di febbraio la cessazione degli acquisti di oro. Tuttavia, questa settimana ha rilasciato un comunicato con cui dichiarava di avere ripreso gli acquisti dalle banche domestiche a un prezzo fisso di 5.000 rubli per grammo.

Oro per accedere a valute forti

Questa è stata una notizia dirompente per diverse ragioni che spiegheremo. In primis, perché acquistare nuovo oro con le riserve valutarie effettive più che dimezzate? Sono possibili diverse spiegazioni. La prima è che la banca centrale spera così di aumentare la quantità posseduta di un asset da scambiare con operatori stranieri per accedere alle valute forti. In teoria, potrebbe limitarsi semplicemente a comprare queste ultime in cambio di rubli, ma fuori dalla Russia gli operatori pubblici e privati si mostrano molto recalcitranti all’idea di mettere in portafoglio valuta russa, divenuta debole, volatile e oggetto di sospetti e sanzioni.

Diversamente da qualsiasi valuta, l’oro non ha nazionalità. Se una società cinese compra oro da una banca russa e a sua volta lo rivende a un fondo americano, nessuno sa nulla, o meglio, tutti possono fingere di non saperne l’origine. Ma l’acquisto di oro dalle banche russe può anche essere un modo per rilasciare loro liquidità.

Tuttavia, a parte i primissimi giorni successivi all’inizio della guerra, non pare che il mercato del credito russo sia afflitto da particolare problemi di liquidità. A dirla tutta, questa operazione rischia di accentuare l’inflazione nel paese, aumentando i rubli in circolazione.

La Russia compra oro a sconto

Altra considerazione degna di nota riguarda la fissazione di un prezzo per l’acquisto di oro. 5.000 rubli al grammo fanno al cambio vigente all’atto dell’annuncio qualcosa come 55 dollari. Ma la quotazione internazionale di ieri era sui 61 dollari. Dunque, la Banca di Russia starebbe comprando oro a sconto di circa il 10%, oppure sta implicitamente segnalando che il tasso di cambio a cui punta sia di poco superiore a 80 rubli contro 1 dollaro. Ieri, era a meno di 85, in deciso rafforzamento negli ultimi giorni.

E perché le banche russe dovrebbero vendere l’oro a un prezzo inferiore a quello di mercato? Questa è la vera domanda. Non è effettivamente detto che lo facciano. Se sì, probabile che preferiranno incassare liquidità immediata e anche in una certa quantità, anziché aspettare di trovare una controparte disponibile all’estero. C’è anche, poi, che questa fissazione del prezzo ricorda il “gold standard”, sistema monetario vigente in Occidente fino al 1971. Tra il 1879 e il 1914, un’oncia di oro fu fissata negli USA a 20,67 dollari. Negli anni Trenta, fu portata a 35 dollari, valore a cui rimase fino a mezzo secolo fa, quando l’allora presidente Richard Nixon annunciò la fine della convertibilità dei dollari in oro. Da quel momento, le quotazioni esplosero fino al picco dei 2.000 dollari di questi ultimi tempi.

Dietro al ritorno agli acquisti di oro in Russia si celerebbe una strategia più ampia di rimpiazzamento dei dollari con altri asset. Gli euro stessi continuano ad essere accettati, pur dai clienti asiatici e non europei.

Già negli anni passati Mosca aveva ridotto la percentuale dei biglietti verdi tra le riserve a circa un quinto del totale, aumentando quella degli euro al 30%. Puntando sull’oro, cerca di allentare la dipendenza dal sistema finanziario dollaro-centrico, continuando ad esibire solidità. Per gli USA il rischio non è la Russia, bensì l’Asia nel suo complesso. Se anche Cina e India gradualmente iniziassero a regolare gli scambi diversamente, accettando finanche di legare le sorti delle rispettive valute a un asset come l’oro, praticamente metà del pianeta avrebbe posto fine all’era del dollaro come valuta di riserva mondiale.

[email protected]