Era il dato macroeconomico più atteso dagli analisti dopo quello sul PIL. L’inflazione di gennaio è scesa nell’Eurozona all’8,5% annuale dal 9,2% di dicembre. Su base mensile si è registrata una contrazione dello 0,4%. Le attese erano per un calo più contenuto, intorno al 9% annuo. Ad avere contribuito in misura determinante alla forte discesa è stata la crescita dei prezzi energetici del 17,2% contro il 25,5% di dicembre. Si è trattato del terzo calo consecutivo dopo che l’indice dei prezzi aveva toccato un apice del 10,6% nel mese di ottobre.

Un segnale positivo in vista del board odierno della Banca Centrale Europea (BCE).

Per quanto riguarda l’Italia, l’inflazione di gennaio è crollata dall’11,6% di dicembre al 10,1%. La crescita mensile dei prezzi è stata dello 0,2% contro lo 0,1% atteso. E anche in questo caso ha contributo lo sgonfiamento dei prezzi dell’energia regolamentata dal +70,2% tendenziale del mese precedente al -10,9%. Per i prezzi regolamentati dell’energia, la decelerazione è stata più contenuta: +59,6% da +63,3%. L’inflazione di fondo, invece, continua a salire dal 5,8% al 6%. Nell’Eurozona, è rimasta stabile al 5,2%.

Inflazione di gennaio resta sopra media Eurozona

E’ abbastanza probabile che anche nei prossimi mesi assisteremo a una salita dell’inflazione “core”, cioè dei prezzi al netto della componente energetica e dei generi alimentari. E questo anche con la crescita dell’indice generale dei prezzi in calo. Infatti, da un lato i rincari sono stati provocati nell’ultimo anno dall’energia, i cui prezzi stanno scendendo da qualche mese a questa parte. Dall’altro, però, essi si stanno trasmettendo al resto del paniere di beni e servizi acquistati dalle famiglie.

A proposito di paniere, da gennaio l’ISTAT ha aggiornato quello di quest’anno ampliandolo a 1.885 voci elementari contro le 1.772 dello scorso anno. Entrano servizi come la riparazione dello smartphone e il massaggio estetico, così come prodotti come arance biologiche, kiwi biologici, mandarini biologici, mele biologiche, ecc.

Malgrado la discesa, la crescita dei prezzi al consumo in Italia rimane superiore alla media dell’area. Il differenziale è sì sceso dal +2,4% di dicembre all’1,6%, ma conferma il dato negativo del nostro Paese in questa fase.

Tassi reali ancora negativi

Comunque sia, l’inflazione di gennaio stempera la pressione a Francoforte, dove oggi i governatori e i consiglieri esecutivi della BCE discutono delle prossime mosse di politica monetaria. Scontato un nuovo rialzo dei tassi dello 0,50%, che porterà il saggio di riferimento al 3%. Così com’è scontato che sarà confermato il taglio dei reinvestimenti dei bond in scadenza dal prossimo mese. C’è incertezza, invece, sui futuri rialzi dei tassi d’interesse. Una possibile ipotesi di mediazione consiste nel ritoccare all’insù il costo del denaro a marzo solo dello 0,25%. Così facendo, il governatore Christine Lagarde accontenterebbe i “falchi” che chiedono di proseguire nella stretta e le “colombe” timorose di una lievitazione eccessiva dei costi per famiglie, imprese e stati.

Bisogna sempre considerare, tuttavia, che i tassi reali restano profondamente negativi anche dopo il dato sull’inflazione di gennaio e il quasi certo rialzo dei tassi di oggi. Il costo reale del denaro resta del -5%. I “falchi” hanno più di una ragione nel sostenere che la politica monetaria si confermi molto accomodante anche dopo 300 punti di aumento dei tassi d’interesse.

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