Sempre più su il rublo contro dollaro ed euro, ai massimi da 5 anni a questa parte. In settimana, la valuta emergente è arrivata a scambiare a quota 63 contro il biglietto verde. A inizio anno, prima della guerra tra Russia e Ucraina, il cross era a 75. Pertanto, i guadagni in quattro mesi e mezzo si aggirano intorno al 16%. E pensate che subito dopo l’invasione dell’Ucraina, il cambio era sprofondato a oltre 140. Il boom di queste settimane ha a che fare con i controlli sui capitali da parte delle autorità di Mosca.

Questi stanno sopprimendo buona parte della domanda di valuta estera pesante. Indubbiamente, però, giocano a favore del rublo anche gli alti prezzi di petrolio e gas, materie prime esportate dalla Russia.

Rublo su, economia russa giù

Tuttavia, che il cambio forte equivalga a benessere economico sappiamo sia un assunto fasullo, specie a fronte di artifizi monetari. E mai come in questo caso sembra del tutto sbagliato. Mentre il rublo corre sui mercati come se riflettesse un boom economico, le condizioni di vita dei russi stanno deteriorandosi drasticamente. Il PIL quest’anno potrebbe crollare a doppia cifra, mai così male da metà anni Novanta. E i consumatori russi stanno facendo i conti con l’alta inflazione – 17,8% in aprile – e con la riduzione dell’offerta di prodotti stranieri.

A questo proposito, lunedì la catena di fast food americana McDonald’s ha annunciato l’uscita definitiva dal mercato russo. Chiuderà tutti gli 850 ristoranti nel paese, già per la verità non operativi da marzo. Si attende perdite per 1,2-1,4 miliardi di dollari. E dire che il suo primo investimento fu realizzato quando c’era ancora l’Unione Sovietica. Alla fine di gennaio del 1990, infatti, McDonald’s aprì il primo ristorante a Mosca tra migliaia di cittadini in fila per assaggiare il loro primo panino americano.

Anche Renault ha venduto le sue attività in Russia al prezzo simbolico di un rublo. L’acquirente è lo stato russo, che così punta a preservare il lavoro ai 45.000 dipendenti assunti dalla casa francese. Nel frattempo, Unicredit sta cercando il modo di uscire dalla Russia minimizzando le perdite. Piazza Gae Aulenti ipotizza uno “swap” di asset, vale a dire che rileverebbe le attività italiane di società russe, cedendo loro le sue attività russe.

Fine della modernità post-sovietica

Dunque, il rublo sarà pure più forte di tutti gli ultimi anni, ma che cosa se ne faranno i russi? La loro economia sta praticamente isolandosi e, con la fuga di centinaia di multinazionali, tornando all’era sovietica. Anche se con ogni probabilità la Russia rimpiazzerà l’Occidente con l’Asia in termini di esportazioni e importazioni, gli standard di vita moderni sarebbero un ricordo. La Cina non equivale all’Europa e al Nord America in termini di qualità di prodotti venduti e servizi offerti. Tanto per fare un esempio, Pechino non potrà mai competere con Hollywood sul piano dell’offerta cinematografica. E non sarà neppure lontanamente un sostituto del lusso italiano o francese. Così come le sue automobili non avranno nulla a che vedere con quelle sfornate da Volkswagen, Stellantis, Ford, ecc.

Ai russi il presidente Vladimir Putin sta propinando l’equazione rublo forte uguale economia forte. A parte che i diretti interessati sanno già sulla loro pelle come stiano le cose, si accorgeranno tra qualche tempo quanto questo rafforzamento sia paradossalmente la conseguenza di un ritorno al passato per l’economia domestica. Gli stessi oligarchi, che eppure al mercato nero troveranno il modo di mangiare, bere e vestire all’occidentale, capiranno la differenza quando dovranno restare confinati in vacanza perlopiù in Asia, anziché venire a Portofino o Nizza. I giorni della modernità sono finiti anche per loro.

E forse peggio di non avere soldi è averne tanti e non sapere cosa farsene.

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