Il popolo danese è uno dei più felici al mondo e uno dei motivi principali di tale sentimento è relativo al Work-Life-Balance ossia l’equilibrio tra vita privata e lavoro. Si è parlato spesso di questo concetto affrontando il tema di cosa cercano gli italiani quando devono cambiare lavoro o addirittura cercarlo. A pesare non è solo lo stipendio ma anche la possibilità di avere tempo libero. 

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In Danimarca nessuno fa gli straordinari

In Danimarca ciò non è affatto un problema.

Rispetto agli italiani, i danesi lavorano mediamente 37 ore settimanali anche se, come riporta una ricerca dell’Ocse molto spesso il vero orario di lavoro è di 33 ore a settimana. Ne ha parlato di recente Business Insider in un articolo. I danesi finiscono di lavorare alle quattro di pomeriggio e il venerdì spesso staccano anche prima. Gli straordinari non esistono, nessuno li fa. Rispetto all’Italia, dove spesso sono quasi obbligati per esigenze aziendali o per arrotondare lo stipendio, in Danimarca il concetto di straordinari non esiste e a nessun danese verrebbe in mente di rimanere più al lavoro per fare bella figura. Anzi sembra piuttosto il contrario: restare a lavoro oltre l’orario è come ammettere di non essere efficienti e di non saper gestire il tempo. Il popolo danese una volta terminato l’orario di lavoro effettivo chiude il proprio Pc e poi si dedica ai propri hobby, vita all’aria aperta, sport, passioni. Insomma sanno benissimo come sfruttare il cosiddetto Work-Life-Balance. 

Il Work-Life-Balance funziona

E tutto ciò sembra davvero premiare visto che la Danimarca è uno dei paesi più produttivi e i lavoratori soddisfatti sono ancora più efficienti. D’altro canto si parla da tempo dello smart working e del concetto di Work-Life-Balance per rendere più felici e produttivi i dipendenti.

Lavorare da casa o da qualsiasi postazione ma anche rendere il lavoro flessibile e riuscire ad equilibrare vita privata e carriera si attestano come tutti modi per migliorare l’efficienza aziendale e rendere il dipendente più riposato e sereno.   In Italia siamo ancora molto indietro rispetto a questi concetti ma il caso danese dovrebbe fare scuola.

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