I media italiani hanno riportato ieri alcuni documenti di cui è entrata in possesso La Stampa, i quali proverebbero il tentativo di golpe nel 2011 ad opera della UE e ai danni dell’allora governo Berlusconi. Emergerebbe dai dispacci tra l’ambasciatore americano David Thorne e il segretario al Tesoro USA, Timothy Geithner. In essi, si racconta di due ministri dell’esecutivo italiano, che avrebbero avvertito Thorne sul rischio di ulteriore deterioramento dell’economia italiana con il varo di una manovra finanziaria da 60 miliardi nell’estate di quell’anno.

Tale carteggio, unitamente alle rivelazioni negli anni passati dello stesso Geithner e dell’ex premier spagnolo Luis Zapatero, farebbe emergere una realtà abbastanza inquietante attorno all’Italia, con Bruxelles a premere sulla Casa Bianca, affinché contribuisse alla caduta del governo di centro-destra, timorosa che la nostra economia subisse un crollo di dimensioni simili a quello della Grecia (e dire che ancora Atene fosse solo agli inizi della sua Odissea economico-finanziaria), con la rilevante differenza che il nostro pil era ed è terzo nell’Eurozona in valore assoluto e che l’eventuale crac del nostro debito sovrano avrebbe scatenato una nuova crisi finanziaria mondiale, quando ancora il pianeta non si era ripreso da quella esplosa nel 2008.

Come effettivamente andarono le cose lo sappiamo: il governo Berlusconi non fu in grado di arrivare al Natale, essendosi sfaldata la sua maggioranza, già ridottasi un anno prima con la fuoriuscita di Gianfranco Fini, presidente della Camera e leader degli ex An. Per la prima volta dal Secondo Dopoguerra, il Parlamento bocciava il Resoconto finanziario, approvato solo in seconda battuta a ottobre. Il 12 novembre, come promesso, il premier si dimetteva subito dopo l’approvazione della legge di Stabilità e prendendo atto della sfiducia sui mercati contro il suo esecutivo, con lo spread schizzato ai massimi in era euro a 576 punti base sulla scadenza decennale.

(Leggi anche: Spread, fu complotto contro Berlusconi?)

Cosa evidenziano questi accadimenti, di cui ci siamo occupati più volte in passato? Non tanto che il destino politico a Roma sia stato deciso dall’esterno – lasciamo stare i ridicoli sorrisetti di Nicolas Sarkozy, mentre era in conferenza stampa con la cancelliera Angela Merkel; pochi mesi dopo, non rise più, trafitto da un pur impalpabile François Hollande alle elezioni presidenziali francesi – quanto che la UE fosse nel panico per il pericolo percepito di una caduta dell’Italia, che avrebbe travolto tutta l’economia europea. Certo, che Bruxelles abbia chiesto al governo americano di far cadere il governo di uno stato comunitario è gravissimo e segnala quanto poca dignità avrebbero dimostrato di possedere le istituzioni europee, praticamente riconoscendo a Washington il ruolo di king-maker e king-destroyer della politica italiana.

Europa preoccupata per crisi italiana

Tuttavia, ciò che oggi, nell’anno 2017, dovrebbe suonarci da sveglia è che questi documenti segnalerebbero quanto all’estero vi sia stato e continui ad esservi timore sull’Italia, che tramutando dal linguaggio bancario, sarebbe “too big to fail”, troppo grande per fallire, ovvero per essere salvata. Da allora, di passi in avanti non ne abbiamo compiuti, come svelano tutti i principali indicatori macroeconomici. Il debito pubblico è esploso al nuovo record storico di quasi 2.300 miliardi, così come in rapporto al pil è schizzato all’attuale 133%, mentre il disavanzo fiscale è diminuito di poco e non tagliando la spesa, bensì aumentando perlopiù le imposte, che erano già alte prima del governo dei tecnici a guida Mario Monti, strozzando l’economia italiana, che nel triennio successivo alla caduta del governo Berlusconi si è contratta di circa il 4%, recuperando solo parzialmente nell’ultimo triennio.

A riprova che se complotto sia stato, non fosse un fatto personale contro l’ex premier, vi è l’attuale sostegno più o meno pubblico nei suoi confronti da parte dei “nemici” di allora, Frau Merkel in primis e Commissione europea.

Entrambe tifano perché la sua forza politica sia determinante alle prossime elezioni per formare il nuovo governo, consapevoli che l’alternativa che attenderebbe l’Italia sarebbe quella del populismo euro-scettico di Movimento 5 Stelle e Lega Nord e che contro una nuova crisi di fiducia verso i nostri BTp poco ormai potrebbe la BCE, né si avrebbero strumenti sufficienti per contenere il contagio nell’Eurozona. Insomma, a Bruxelles c’è grande preoccupazione per l’economia italiana, non sarebbe un fatto di pregiudizi contro questo o quel governo. Lo sa bene anche Matteo Renzi, che accolto dalle istituzioni comunitarie con tanti abbracci al suo ingresso a Palazzo Chigi nel febbraio 2014, quando si dimise 10 mesi fa con la sconfitta al referendum costituzionale fece tirare un sospiro di sollievo a eurocrati e cancellerie europee. (Leggi anche: Quel risanamento dei conti pubblici mancato dopo le dimissioni di Berlusconi)