E un’altra big della finanza lascia Milano. La negoziazione delle azioni Exor avverrà tra poche settimane solamente alla Borsa di Amsterdam dopo che sarà effettuato il delisting a Piazza Affari. A partire dalla metà del mese, infatti, anche la quotazione della holding di casa Agnelli sarà trasferita in Olanda, là dove sin dal dicembre 2016 ha sede legale. La notizia è arrivata sul finire della scorsa settimana e, per quanto non possa considerarsi del tutto un fulmine a ciel sereno, rappresenta l’ennesimo brutto colpo per la finanza italiana.

La cassaforte di una delle principali famiglie del capitalismo italiano vale in borsa circa 16,5 miliardi di euro, tra le maggiori a Milano per capitalizzazione. Ad occhio e croce, Piazza Affari perde qualcosa come il 3% del suo attuale valore, già tra i più bassi tra le economie occidentali.

Il trasferimento in Olanda si deve alla volontà della famiglia Agnelli, a capo della holding con una quota diretta del 52%, di rendere più snella ed efficiente la struttura di Exor. In questo modo, l’unica authority incaricata di sorvegliare la società in borsa sarà l’Afm, quella olandese. La Consob perderà così i suoi poteri di monitoraggio. Tecnicamente, non cambierà proprio nulla per gli azionisti. Il titolo è negoziato già oggi, oltretutto, all’intero del sistema olandese Euronext, di cui fa parte dallo scorso anno Borsa Italiana.

Poiché dal momento in cui si chiede il delisting a quello in cui è effettuato trascorrono 45 giorni, da metà agosto fino alla fine di settembre la quotazione delle azioni Exor avverrà sia a Milano che ad Amsterdam. Da quando fu annunciato il trasferimento della sede legale in Olanda nel luglio 2016, il titolo è raddoppiato di valore. Ma dall’apice storico toccato nel novembre scorso, perde il 25%.

Delisting Exor cozza con linea giornali di Agnelli

Di certo c’è che l’addio di Exor a Milano non può passare inosservato.

La holding detiene partecipazioni in importanti società italiane, tra cui Juventus (63,8%), Stellantis (14,4%), Cnh Industrial (26,9%), Iveco (27,1%), Ferrari (36%) e Gruppo Gedi (89,6%). Quest’ultimo edita giornali come Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, ecc. Questo annuncio rischia di essere seguito non solo dalle società controllate, bensì da altre realtà che in questi anni hanno trasferito la sede legale in Olanda. Come non citare Mediaset, tanto per fare un esempio.

Recriminare contro la fuga delle grandi società italiane all’estero servirà a poco. I dati parlano chiaro. Piazza Affari valeva più del 2,20% del mercato borsistico mondiale nel 2005. Oggi, appena lo 0,53%. Praticamente, la borsa italiana è diventata marginale. E tale marginalità spinge chi è già quotato a guardarsi attorno, mentre tiene alla larga chi intende quotarsi o è alla ricerca di una nuova piazza in cui far negoziare il titolo. Del resto, se agli inizi degli anni Duemila la capitalizzazione a Piazza Affari arrivò al 51% del PIL, ormai è scesa a meno di un terzo. Deve ancora recuperare le perdite accusate con la crisi finanziaria del 2008-’09.

Non sfugge, tuttavia, l’ipocrisia del circo mediatico controllato dagli Agnelli, che quotidianamente ci ricorda dei pericoli che correremmo cambiando i partiti al governo, salvo confermare con i fatti di non nutrire alcuna fiducia verso l’attuale sistema politico ed economico, tant’è che pezzo dopo pezzo ha portato all’estero tutto ciò che poteva traslocare. Insomma, Exor è la rappresentazione perfetta di un sistema Italia che predica bene e razzola malissimo. La spia di una perdita di fiducia quasi irreversibile nel nostro Paese. L’ufficializzazione che nessuno lo abbia salvato davvero dai mali che lo affliggano, checché ne dicano proprio i giornali di famiglia.

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