La Germania del cancelliere Olaf Scholz ha indossato l’elmetto dopo più di tre quarti di secolo. E appare persino paradossale che ciò stia avvenendo con socialdemocratici e Verdi al governo federale. Tuttavia, gli eventi hanno imposto un cambio di rotta storico a Berlino. Le sanzioni alla Russia qui sono vissute come un male necessario, ma pur sempre un male. Il 55% del gas importato arriva proprio da Mosca. Eppure, pur di non rompere l’unità dell’Occidente, i tedeschi hanno annunciato che sosterranno l’embargo petrolifero di cui si discute a Bruxelles.

L’economia tedesca ha evitato per un soffio la recessione tecnica. Nel primo trimestre, è tornata a crescere dello 0,2%. Al contrario, quella francese ha ristagnato e quella italiana si è contratta. Di questo passo, le sanzioni alla Russia si tradurranno inevitabilmente in una recessione dell’economia europea. Il continente non può sostenere prezzi delle materie prime così alti a lungo senza ripiegare.

Stop a sanzioni alla Russia con ritiro truppe

Ed ecco che, mentre invia persino carri armati all’Ucraina, la Germania ieri ha compiuto un primo passo verso la ricerca di una soluzione diplomatica alla guerra. Il ministro degli Esteri, Annalena Baerbock, ha dichiarato che le sanzioni alla Russia potranno essere revocate solo con il ritiro delle truppe dall’Ucraina. La 41-enne esponente dei Verdi è stata ad oggi la più virulenta contro Mosca, in ciò distanziandosi dal collega di partito Robert Habeck, il più prudente ministro dell’Economia.

Quanto ha segnalato Baerbock non è qualcosa di scontato: se la Russia si ritirasse dall’Ucraina, l’Europa revocherebbe le sanzioni contro di essa. Non prima. Questo potrebbe cambiare lo scenario. Adesso, Vladimir Putin sa che potrebbe ottenere lo “scongelamento” delle riserve valutarie per circa 300 miliardi di dollari, che da fine febbraio non sono più nella disponibilità di Mosca. Ha un forte incentivo ad accelerare la ritirata, chiaramente dopo avere riportato un qualche successo formale da vendere all’opinione pubblica russa.

Berlino inizia a differenziarsi da Washington

E sempre dalla Germania è arrivata la notizia che il cancelliere Scholz riceverà il premier indiano Narendra Modi, in visita a Berlino in questi giorni, come “ospite speciale” al G7 del prossimo mese. Nelle scorse settimane, Berlino si era accodata alla linea di Washington, che puntava e punta tuttora a ignorare tutti i leader che non hanno condannato esplicitamente l’invasione russa dell’Ucraina e che continuano a intrattenere rapporti commerciali con la Russia. E l’India è una di queste potenze.

Con queste due mosse, la Germania vuole tornare a fare quello che più le risulta meglio da alcuni decenni a questa parte: l’affarista. Berlino non si tirerà indietro rispetto a nessuna delle sanzioni alla Russia concordate o anche solo ventilate, solo che ha capito che per porre fine all’alta inflazione ed evitare una rovinosa recessione dell’Europa, deve aprire a un “do ut des” con il Cremlino.

Orban contro l’embargo sul petrolio russo

Sarà un caso, ma sempre ieri è arrivata un’altra notizia sulle sanzioni alla Russia, stavolta dall’Ungheria. Il governo del premier Viktor Orban si opporrà all’embargo energetico. Sappiamo che Budapest ha continuato a flirtare con Mosca anche dopo l’inizio della guerra. In teoria, nulla di sorprendente. Ma gli ungheresi ricadono nella sfera d’influenza tedesca, pur dopo la rottura tra Fidesz e PPE all’Europarlamento. Senza il loro assenso, l’embargo contro il petrolio non potrà essere attivato. Che i tedeschi stiano usando Orban per schivare una crisi energetica e mantenere integerrima la propria immagine solidale con gli ucraini?

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