Pensate che sia la Roma dei topi e dell’immondizia accatastata sui marciapiedi, delle buche in strada e della paralisi amministrativa con tanto di ennesimo salvataggio dello stato il fallimento plateale del Movimento 5 Stelle? Il sindaco capitolino Virginia Raggi può tirare un sospiro di sollievo, perché per quanto si sia rivelata poco adatta a governare la prima città italiana, può contare su predecessori non più capaci di lei e a cui deve la vittoria del 2016. E’, invece, Torino il volto più autentico del flop amministrativo dei pentastellati.

Sì, proprio il capoluogo piemontese governato da 3 anni da quella Chiara Appendino, che in tanti fuori dall’M5S avevano individuato come personalità pragmatica e per questo un po’ “sui generis” tra i grillini.

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No, la Appendino è stata una scommessa ancora più perdente della Raggi per il partito di Luigi Di Maio, in quanto aveva ereditato una città senz’altro con diversi problemi, ma niente al confronto con i disastri romani. In pochi anni, il sindaco dei 5 Stelle non solo ha deluso le aspettative, ma si starebbe rivelando un insuccesso a dir poco imbarazzante.

Torino perde anche il Salone dell’Auto

L’ultimo brutto colpo per il primo cittadino è arrivato giovedì sera, quando gli organizzatori del Salone dell’Auto hanno annunciato che per quest’anno – il sesto per la kermesse – organizzeranno la manifestazione a Milano. La Appendino ci è rimasta così male, che ha persino minacciato le dimissioni. Cos’è successo? La maggioranza pentastellata in consiglio comunale si era espressa per ragioni ambientali contro la location usufruita dal Salone: il Parco del Valentino. Il vice-sindaco stesso si era schierato contro ed evidentemente gli organizzatori non l’hanno presa bene, optando per il capoluogo lombardo, percepito ben più “business friendly”.

La notizia arriva a pochi giorni dalla vittoria di Milano-Cortina con l’assegnazione dei Giochi invernali per il 2026.

Torino avrebbe dovuto farne parte, ma mesi fa fu proprio l’Appendino ad avere dato forfait, ritirandosi dal comitato organizzatori per la presunta scarsa trasparenza sui costi della manifestazione. La sua posizione aveva minacciato la candidatura italiana, che per fortuna ha avuto la meglio in finale contro quella della Svezia.

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Sempre Torino è al centro dell’annosa questione della TAV, l’Alta Velocità tra Torino e Lione, che vede contrarissimi proprio i grillini a tutti i livelli di governo, tant’è che il ministro alle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ebbe a dichiarare tempo fa “chi se ne frega di andare a Lione?”. Questo è il livello del dibattito nell’M5S e che si sta riversando più che su Roma, dove pure la Raggi sta facendo malissimo, proprio su Torino, diventato epicentro dei “no” di una politica “anti”, che si scontra palesemente con le ragioni del mondo delle imprese di un nord tipicamente laborioso, il quale non ha mai visto di buon occhio le inclinazioni ostili alle opere pubbliche e all’organizzazione di eventi, meglio ancora se di respiro internazionale.

Torino sempre più isolata nel nord

La Appendino sta lasciando una città sempre più isolata dal resto del nord. Del suo apparente iniziale pragmatismo non v’è traccia. La donna pensava di far recuperare consenso al suo movimento con una piazzata grottesca al Salone del Libro di Torino prima delle elezioni europee e regionali piemontesi, quando ha preteso insieme all’allora governatore del PD, Sergio Chiamparino, di escludere la casa editrice Altaforte dall’evento per la sua presunta vicinanza all’ideologia fascista. Non vogliamo entrare nel merito del dibattito, ma notiamo come l’unica volta che ha voluto e saputo alzare la voce e imporsi è stato non già per ottenere che la città da lei amministrata ottenesse un qualche risultato in termini di investimenti, visibilità e crescita, bensì per impedire a una società regolarmente operante sul territorio nazionale la partecipazione a una kermesse.

Un derby triste e tutto al ribasso tra Raggi e Appendino per strapparsi a vicenda la palma di sindaco più repellente per gli investimenti in una grande città italiana. L’ottusità ideologica non sta portando i grillini da nessuna parte, nemmeno sul piano elettorale, essendo stati capaci di dimezzare i propri consensi nell’arco di poco più di un anno, quando il suo alleato al governo nazionale li ha nel frattempo raddoppiati su posizioni diametralmente opposte su appalti, peso della burocrazia sugli investimenti e grandi opere. Da nord a sud, l’Italia vuole lavorare, andare avanti, svecchiarsi, fare le cose velocemente, insomma stare al passo con il resto del mondo, che non per questo è tutto marcio. Le amministrazioni pentastellate, ovunque governino, sono viste come un freno a tutto e senza offrire soluzioni alternative rapide. E Torino è sempre più vicina a Roma che a Milano e mette in fuga le imprese.

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