Dall’inizio dell’anno guadagna più del 75% e la corsa dei prezzi non sembra arrestarsi. Bitcoin è tornato a ridosso della soglia dei 30.000 dollari, che già in aprile aveva superato prima di indietreggiare. Dato per morto, il mercato delle “criptovalute” sta rilanciandosi da mesi. Resta lontano dai picchi di un anno e mezzo fa, quando per un Bitcoin occorsero 69.000 dollari. Ma nessuno avrebbe scommesso nella rapida risalita di questi mesi. A dare una spinta alle monete digitali sembra essere la crisi bancaria.

Ieri, il governatore della Federal Reserve spiegava che il sistema bancario statunitense fosse “solido e resiliente”. Neanche il tempo per Jerome Powell di completare la frase, che un’altra banca precipitava in borsa nelle contrattazioni “after-hours”: -50%.

Crisi bancaria USA si aggrava

Parliamo di PacWest Bankcorp, alla ricerca di un acquirente. L’istituto ha anche rassicurato circa la risalita dei depositi dalla fine di marzo, ma nessuno si fida più. Solo pochi giorni fa, il salvataggio di First Republic Bank con l’acquisizione da parte di JP Morgan e la benedizione del governo americano. Ad oggi sono cadute ufficialmente già tre banche americane in meno di due mesi. Dopo Silicon Valley Bank, Signature Bank e First Republic Bank, PacWest rischia di essere la quarta. Nel frattempo, è andata a gambe per aria anche la svizzera Credit Suisse, rilevata dalla rivale domestica UBS tra numerose polemiche in patria e fuori.

Dall’inizio dell’anno fino alle primissime avvisaglie di crisi bancaria, Bitcoin aveva già guadagnato più del 21%. Da allora, tuttavia, risulta salita di quasi il 45%. Sembra, cioè, che le convulsioni del settore creditizio stiano imprimendo un’accelerazione alla corsa dei prezzi. Ed è esattamente quanto sta accadendo anche all’oro. Ieri, il metallo segnava nuovi massimi storici a quasi 2.060 dollari l’oncia. Con la crisi bancaria guadagna più del 12%. Non vogliamo bestemmiare con questo parallelismo; lungi da noi dal definire Bitcoin l'”oro digitale”.

Resta il fatto che anche le criptovalute sembrano essere percepite in questa fase come un rifugio contro le tensioni della finanza tradizionale.

Non dimentichiamoci che il misterioso Satoshi Nakamoto inventò Bitcoin all’indomani della crisi finanziaria mondiale del 2008, scatenata proprio dal crac di una banca americana: Lehman Brothers. Il predominio della moneta digitale più popolare al mondo si sta consolidando. Dai dati emerge che il suo valore di capitalizzazione è salito nei pressi di 565 miliardi di dollari, arrivando ad incidere negli ultimi fino fino a un massimo del 49% dell’intero mercato delle criptovalute. Nei primi giorni di marzo precedenti all’inizio della crisi bancaria, incideva per il 42%.

Bitcoin consolida primato tra criptovalute

In altre parole, c’è sì una corsa generale verso le criptovalute (+145 miliardi), ma particolarmente verso Bitcoin. Ad attirare capitali sarebbe la sua natura “deflattiva”, visto che l’ammontare di monete nel tempo ha un limite, mentre la domanda può essere tendenzialmente illimitata. E forse gioca a favore anche l’halving dell’anno prossimo. In sostanza, coloro che riusciranno a risolvere i complessi calcoli matematici necessari per “estrarre” Bitcoin, saranno compensati con un quantitativo di monete digitali dimezzato. Ciò avviene ogni circa quattro anni. La minore quantità offerta ne accresce il valore di mercato.

Il precedente “halving” fu nel 2020, guarda caso anno in cui partì un clamoroso rally, anche quella volta sostenuto dalle tensioni finanziarie legate alla pandemia. E quello ancora prima vi era stato nel 2016, anche in quel caso alla base di un forte balzo delle quotazioni. Queste si moltiplicarono in appena dodici mesi per venticinque volte fino a raggiungere l’allora massimo storico di 19.650 dollari.

L’inflazione sembrava avere annichilito l’interesse verso Bitcoin. La stretta monetaria globale, tra rialzo dei tassi d’interesse e stop agli acquisti di asset finanziari da parte delle banche centrali, ha ridotto la liquidità sui mercati, ergo anche gli afflussi dei capitali verso il mercato delle criptovalute.

Sembrò la fine, ma evidentemente sfugge ai più che questi asset siano considerati un’alternativa alla finanza tradizionale. E più quest’ultima si rivela poco affidabile, meno valgono le argomentazioni per cui Bitcoin sarebbe il simbolo di un gigantesco schema Ponzi. Vale sempre il detto “non guardare la pagliuzza nell’occhio degli altri se non vedi la trave nel tuo”.

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