L’economia a Cuba è andata di male in peggio con la pandemia. Nel 2020, il PIL è crollato del 10,9% e l’anno scorso è risalito solo del 2,2%. Per il 2022, le stime ufficiali parlano di un +4%, a patto che i turisti sull’isola tornino a frotte con l’allentamento delle restrizioni. C’è un problema: gli stranieri che vi metteranno piede si ritroveranno dinnanzi a uno scenario agghiacciante. La povertà è esplosa e nei negozi manca di tutto. Le lunghe file per fare la spesa non sono una novità sotto più di 60 anni di regime comunista, ma nell’ultimo anno si sono allungate.

Adesso, servono ore anche solo per acquistare lo stretto necessario e il rischio di non trovarlo è sempre alto.

Voi direte: beh, sì. Ma noi a Cuba ci andiamo da turisti, pernottiamo negli alberghi, dove magari le stelle non corrisponderanno a quelle che siamo soliti associare in Italia. Perlomeno, però, non ci mancherà l’occorrente. Ed è fondamentalmente vero, sebbene la carenza di beni sia diventata così grave da minacciare lo stesso turismo sull’isola. Il fatto è un altro: il caos cambi può farci perdere gran parte del denaro che ci portiamo dietro. Vediamo perché.

Dall’1 gennaio dello scorso anno, il regime ha eliminato il CUC o peso convertibile, lasciando in circolazione solo il CUP o peso cubano. Quest’ultimo è stato fissato a un tasso di cambio di 24 per 1 dollaro. Fino ad allora, 1 CUC equivaleva a 1 dollaro e così anche a 1 CUP. Di fatto, la mossa si è tradotta in una maxi-svalutazione del 96%. I prezzi dei beni importati sono esplosi e l’inflazione è volata al 70% nel 2021, sebbene analisti indipendenti la collochino tra il 300% e il 500%. Essendoci, poi, scarse riserve valutarie, le importazioni sono state limitate e questo ha acuito il problema della carenza dei beni.

Turisti a Cuba alle prese con il carovita

Proprio per i pochi dollari disponibili, nella primavera dello scorso anno le autorità hanno eliminato la possibilità fino ad allora consentita ai turisti di scambiare CUC fino a 300 dollari al tasso di cambio ufficiale.

Sul mercato nero, questa settimana un dollaro è arrivato ad acquistarsi a quasi 100 CUP, quattro volte il cambio ufficiale. Questo significa che i turisti a Cuba rischiano di finire “taglieggiati” di circa il 75%. Per capirlo, vi facciamo un esempio. Immaginiamo di andare in vacanza nell’isola e di portarci dietro una somma di 1.000 dollari, che in aeroporto (non già in Italia stessa, perché il CUP fuori da Cuba non ha valore legale) ci viene scambiata contro 24.000 CUP. Supponiamo di spenderne la metà, per cui prima di partire per ritornare a casa, in aeroporto vogliamo scambiare i restanti 12.000 CUP.

A questo punto, il cambio non ci viene più offerto al tasso ufficiale. Se volessimo riconvertire il denaro in dollari, dovremmo rivolgerci a un cambiavalute privato. E questi ci applicherà i tassi di mercato, che in questi giorni sono esplosi a 100 da 75 di inizio mese (-30%). Dunque i 12.000 CUP mi varranno 120 dollari, malgrado all’ingresso mi fossero stati valutati 500 dollari. Ho perso 400 dollari, il 75% del valore. A questo punto, l’unica soluzione che mi consentirebbe di contenere le perdite sarebbe di spendere tutta la somma rimanente. Perlomeno, a casa porterei qualche ricordino. Ed ecco che l’unico modo per sventare il rischio sarebbe di scambiare dollari/euro in CUP poco alla volta o portarsi sin dall’inizio il denaro strettamente necessario per fare acquisti. In alternativa, la soluzione più logica: non affidarsi neppure all’ingresso al cambio ufficiale, ma rivolgersi direttamente al mercato nero.

Se rimaniamo senza CUP in tasca e abbiamo euro al seguito, nessun problema. I locali non vedono l’ora di incassare valuta straniera. Il punto è che con l’esplosione dei prezzi, finanche quintuplicati in meno di un anno, anche coloro che di prima della pandemia si fossero recati a Cuba in vacanza, potrebbero non essere in grado di capire quanto servirebbe per le esigenze da turista.

D’altra parte, il cambio 1:1 vigente fino a 13 mesi fa ha di molto “sgonfiato” i prezzi in loco per gli stranieri. Insomma, il caos.

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