Spesso si legge su siti, quotidiani, blog e media in generale che esistono dei bonus sulle pensioni. Ora, nell’immaginario collettivo un bonus è qualcosa che lo Stato “regala” in presenza di determinati requisiti di reddito, salute o famiglia. E in effetti, nel sistema assistenziale italiano non mancano misure di welfare di questo tipo.
Sulle pensioni, però, parlare di “bonus” è forse un’esagerazione. Non esistono infatti bonus che permettono a un pensionato di ricevere più di quanto gli spetti. Esistono invece maggiorazioni, integrazioni al trattamento minimo, somme aggiuntive per pensioni basse, ma non veri bonus nel senso stretto del termine.
In alcuni casi, il termine “bonus” si usa impropriamente: ad esempio per indicare sgravi contributivi come il cosiddetto bonus Giorgetti o il vecchio bonus Maroni.
Si tratta, però, di misure rivolte ai lavoratori che, pur avendo i requisiti per la pensione anticipata, scelgono di restare al lavoro ricevendo uno stipendio più alto. Non riguardano quindi le pensioni già in pagamento.
Per questo motivo, il vero e unico bonus legato alle pensioni è quello contributivo, cioè un meccanismo che attribuisce un valore extra ai contributi versati da particolari categorie di lavoratori.
Ecco l’unico vero bonus sulle pensioni e va richiesto all’INPS
I cosiddetti bonus pensioni si applicano ai contributi previdenziali, che in alcuni casi possono valere più del loro valore effettivo. Ciò consente di anticipare l’accesso alla pensione, anche se non determina un aumento dell’importo della prestazione.
Un tipico esempio riguarda:
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i contributi versati prima dei 18 anni di età, che possono valere 1,5 volte;
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i contributi successivi al riconoscimento di un’invalidità pari almeno al 74%, che danno diritto a 2 mesi aggiuntivi ogni anno di lavoro.
In entrambi i casi, si tratta di una maggiorazione utile al diritto alla pensione, non al calcolo dell’assegno.
La riforma Dini e la maggiorazione contributiva
La possibilità di valorizzare i periodi contributivi prima dei 18 anni nasce con la riforma Dini (legge n. 335 del 1995). Questa norma stabilisce che ogni anno di lavoro svolto da minorenne valga 1,5 volte ai fini del diritto alla pensione.
Si tratta di un autentico bonus previdenziale per i cosiddetti contributivi puri (chi ha iniziato a versare dopo il 1995). Per esempio:
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chi ha versato 2 anni di contributi prima della maggiore età può farli valere come 3 anni per raggiungere i requisiti.
Attenzione: il vantaggio riguarda solo il diritto alla pensione (ad esempio per arrivare ai 20 anni richiesti per la vecchiaia o ai 42 anni e 10 mesi per l’anticipata). Non aumenta però l’importo dell’assegno: i due anni versati prima dei 18 anni restano comunque due nel calcolo economico della pensione.
Invalidi e bonus pensioni: ecco quando i contributi valgono 2 mesi in più per anno
Un’altra forma di bonus contributivo riguarda chi ha un’invalidità civile riconosciuta pari almeno al 74%. In questo caso, per ogni anno di lavoro dopo il riconoscimento, si ottengono 2 mesi figurativi aggiuntivi.
Si tratta di un meccanismo che può far recuperare fino a 5 anni di contributi.
Ad esempio, chi lavora per 24 mesi dopo il verbale di invalidità vedrà riconosciuti 28 mesi complessivi ai fini del diritto alla pensione.
Anche in questo caso, non si tratta di un aumento dell’importo della pensione, ma di una corsia preferenziale per accedere prima al trattamento previdenziale.
