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Oggi: 05 Dic, 2025

C’è la dominanza fiscale dietro al nuovo boom dell’oro

La dominanza fiscale preoccupa gli investitori e alimenta il nuovo boom dell'oro, le cui quotazioni sono risalite ai massimi da aprile.
3 mesi fa
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Dominanza fiscale dietro al boom dell'oro
Dominanza fiscale dietro al boom dell'oro © Licenza Creative Commons

Sono arrivate a sfiorare i 3.490 dollari per oncia le quotazioni dell’oro nella seduta di ieri, ai massimi da aprile e vicinissime ai record storici allora segnati. La nuova accelerazione si deve alle crescenti preoccupazioni per l’indipendenza della Federal Reserve dal governo americano nel condurre la politica monetaria. Il presidente Donald Trump pretende un immediato e vigoroso taglio ai tassi di interesse. Per avvicinare l’obiettivo ha nominato di recente un uomo a sé vicino nel board e licenziato una banchiera centrale per una condotta fraudolenta. I mercati temono una fase più sfacciata di quel fenomeno che prende il nome di “dominanza fiscale”, il quale da anni impera presso le principali banche centrali del pianeta.

Indipendenza delle banche centrali persa da tempo

Il concetto è più semplice di quanto immaginiamo. Quando un governo pretende sostegno da una banca centrale alle sue politiche di bilancio, questa non è del tutto libera di perseguire l’obiettivo di preservare la stabilità dei prezzi. Infatti, il governo desidera sempre di potersi indebitare a costi quanto più bassi possibili per accontentare l’elettorato e sperare così di rivincere le elezioni. Costi di emissione più alti portano alla necessità di limitare la spesa pubblica e/o di aumentare le entrate. Entrambe le cose risultano indigeste ai cittadini.

Si ha dominanza fiscale quando una banca centrale, quindi, opera in base a considerazioni estranee al suo mandato. Se pensate che si tratti di un problema sorto con l’amministrazione Trump e che riguardi i soli Stati Uniti, ignorate quanto accaduto negli ultimi due decenni. E’ dal 2008 che la FED ha perso la sua facciata di indipendenza con una politica di estremo accomodamento monetario.

Se agli inizi fu giustificata dalla paura che l’economia americana (e mondiale) precipitasse in una nuova Grande Depressione, con il tempo emerse chiaramente l’intenzione di sostenere il governo nella sua politica fiscale espansiva.

Governi reclamano repressione finanziaria

Accadde lo stesso nell’Eurozona. La Banca Centrale Europea iniziò ad acquistare titoli del debito pubblico contro lo spauracchio della deflazione, salvo successivamente strizzare l’occhio ai bilanci degli stati membri. La simbiosi venne parzialmente meno con il riemergere prepotente dell’inflazione dopo il Covid. Le banche centrali si ritirarono progressivamente dal mercato, lasciando i governi alle prese con costi del debito in forte ascesa. Ora che l’allarme più grave sull’inflazione sembra rientrato, questi chiedono un ritorno al passato.

Dalla Germania agli USA, passando per Francia e Regno Unito, tutti parlano di riarmo e investimenti in deficit. Le condizioni di mercato non lo consentono, ecco perché reclamano – chi sottovoce e chi urlandolo sui social – una fase di repressione finanziaria ad opera delle banche centrali. Una riedizione senza più ipocrisie della dominanza fiscale nel quindicennio compreso tra la crisi finanziaria globale e la pandemia. Ciò spiega il +32% messo a segno quest’anno dall’oro in dollari (+22% al netto dell’effetto cambio). Quale asset potrà mai proteggere meglio il capitale dalle malsane idee dei governanti?

Dominanza fiscale implica maggiore inflazione

Dominanza fiscale significa, infatti, spingere le banche centrali a chiudere un occhio sull’inflazione.

Dovranno trovare una scusa formale per giustificare il taglio dei tassi, sebbene le condizioni macroeconomiche non lo consentano. Sta accadendo, però, che la curva dei rendimenti stia diventando sempre più ripida. Le scadenze più lunghe offrono di più, contrariamente a quelle più brevi. Gli investitori hanno mangiato la foglia e capiscono cosa potrebbe attenderli nel prossimo futuro tra guerre, dazi e riarmo. I debiti non fanno che crescere anche in rapporto al Pil, segno di debolezza politica. E a pagarli si pretende che fossero i creditori, chiamati ad accontentarsi di rendimenti reali nulli o negativi.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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